Iraq: il cimitero reale di Ur e le sue rivelazioni sui sacrifici umani

Pubblicato il 16 Aprile 2010 - 10:39 OLTRE 6 MESI FA

L’Iraq è la culla della civiltà umana e la sede di alcune delle più antiche città del mondo. La Bibbia ci racconta perfino che l’Eden, l’antico paradiso perduto dall’uomo per il suo peccato originale, era segnato nei suoi confini dai principali fiume del paese, il Tigri e l’Eufrate.

E proprio alla confluenza di quest’ultimo fiume, 15 chilometri prima della sua foce, si estende quello che è uno dei siti archeologici più importanti del mondo. Ur, più volte nominata nella Bibbia, durante l’età del bronzo fu la più grande città del mondo, con una popolazione di 65000 abitanti. Oggi, gli scienziati hanno fatto una scoperta che ci dà qualche informazione supplementare sulla cultura sumerica. E che, se possibile, svela un lato raccapricciante di quell’antichissima cultura.

La cultura mesopotamica, al pari di una gran parte delle società europee ed asiatiche (fino almeno all’età del bronzo), praticò i sacrifici umani con l’obbiettivo di placare o accontentare gli dei. Il cimitero reale di Ur, scoperto negli anni 20, con le sue 16 tombe maestose colme ricche di oro e gioielli, non è solo un documento tangibile dell’apice della civiltà di Ur. E’ anche la prova che il sacrificio umana era, a queste latitudini, praticato su larga scala. Il rinvenimento nel sito di 2000 tombe comuni ha permesso agli storici di capire che, dopo il decesso di un re o una regina, membri della corte erano messi a morte durante sacrifici rituali.

In passato si era ipotizzato che gli omicidi rituali venissero preceduti dalla somministrazione di veleno per indurre una morte serena. Fu Leonard Wolley, l’archeologo inglese che diresse gli scavi nella prima meta del ventesimo secolo, a dare questa ricostruzione, secondo la quale i domestici venivano condotti nelle camere mortuarie dove gli veniva somministrato il veleno. Questa versione, sebbene non supportata da prove materiali, è divenuta inseguito la vulgata scientifica.

Invece, oggi, grazie alle ricerche di archeologi dell’Università della Pennsylvania, scopriamo un agghiacciante aspetto di quei rituali. Esperti della prestigiosa università americana hanno analizzato due dei pochi teschi integri del cimitero, datati ad almeno 45000 anni fa. E’ così venuta alla luce nuova, inquietante, interpretazione dei sacrifici umani di Ur. I domestici del palazzo reale venivano direttamente colpita alla testa con uno strumento appuntito, forse una lancia.

Gli omicidi rituali, associati con una morte reale, erano praticati da altre antiche culture. La pratica solleva naturalmente un interrogativo: « Perché qualcuno, a conoscenza del suo probabile destino, avrebbe scelto una vita come domestico al palazzo? ».

« Era quasi un omicidio di massa ed è per noi difficile da capire – afferma Janet Moge, responsabile della recente scoperta – Ma quelle erano posizioni di grande onore, e alla corte si viveva bene. Era una specie di compromesso. Inoltre, il passaggio all’altro mondo non era per forza qualcosa da temere. »