GENOVA – Il prezzo di una tazzina di caffè al banco a Genova è salito a 1,10 euro e arriva fino ad 1,70 euro al tavolo. A Genova sono impazziti? Portare il caffè a un prezzo da record nella città paradigma della parsimonia non può forse risultare un suicidio come per i giornali, che ormai l’euro di prezzo se lo sono scordato, arrivando a 1,40 e anche 1,50?
Sembra che la passione per il caffè prevalga sul prezzo e il calo sembra essere stato intorno al 5 per cento, calo su cui gli editori italiani firmerebbero col sangue. Forse il problema del prezzo non può essere scisso da quello del prodotto: il caffé piace e non se ne può fare a meno, i giornali, invece…
Per il giornale di Genova Il Secolo XIX, anche se
“in Italia toccare il caffè è come aumentare l’Imu”
non c’era alternativa:
“L’aumento dell’Iva dal gennaio scorso e poi il caro trasporti ma soprattutto le spese fisse in salita, a carico degli esercenti: questi i meccanismi dietro l’effetto aggiustamento scattato negli ultimi mesi sul costo medio di un espresso in particolare nei locali del centro. Un ritocco significativo perché storicamente apripista del ritocco all’insù di larga parte del listino prezzi”.
Fabrizio Murena, titolare di una caffetteria del centro di Genova e presidente dell’associazione di settore per l’Associazione dei commercianti, ha spiegato a Valentina Carosini del Secolo XIX che l’aumento è figlio della crescita delle spese:
“Non solo le materie prime ma tutti i costi fissi aumentano costantemente. Poi dipende anche dal tipo di miscela che si sceglie di usare”.
Ad incidere sono soprattutto tasse e imposte:
“È una crescita costante; poi c’è la gestione: ogni quattro anni cambiamo le macchine che si usurano, con prezzi tra i 7 e i 10mila euro. Negli ultimi cinque anni abbiamo avuto almeno tre aumenti forti del caffè. Al banco il prezzo è rimasto invariato, quel 10% in più non copre invece gli aumenti su zucchero o latte dovuti all’inflazione: aggiustamenti annuali, mentre il listino dei bar non viene aggiornato ogni 12 mesi”.
Altra spiegazione dalla Bottega del Caffé:
“Il caffè è aumentato al chilo, già da 7-8 mesi; per un po’ abbiamo tenuto, poi siamo passati ad 1,10 euro per la tazzina di espresso. A salire è anche la spesa dello zucchero: prima, quando avevamo lo sfuso era contenuto. Ora con le bustine confezionate la quantità di prodotto persa non è neppure calcolabile”.
Vito, barista in un altro locale del centro, analizza l’elasticità della domanda di caffè:
“All’inizio i clienti non se lo aspettavano, poi si sono abituati. Un po’ di calo c’è stato, nell’ordine del 5% non di più. Anche altri locali si sono adeguati”.
Fabrizio Murena conferma attribuisce il calo alla recessione e difende l’aumento del prezzo:
“Una contrazione per la crisi generale c’è stata, non dovuta direttamente ai 10 centesimi in più per un espresso. Nell’ultimo decennio parliamo di una forbice dal 10 al 30% di caffè in meno. Poi si sono diffuse le macchinette per la casa o l’ufficio. Invece di prenderne tre come un tempo, nell’arco di una giornata, ne prendono solo uno. L’unica cosa da fare è puntare sulla qualità”.
Il problema sembra essere, per il caffé come per i giornali, quello della qualità, che non è la qualità secondo chi li produce ma secondo chi deve pagare.
Nel bar Mangini, quello che aveva tra i suoi clienti abituali Sandro Pertini quando viveva a Genova e dirigeva il Lavoro, il prezzo della tazza di caffè lo hanno portato ad 1,10 euro in aprile 2014, ma non sembrano essersene accorti:
“Ma nel prezzo complessivo di una colazione, un aumento così basso non si avverte”.
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