Pena di morte inutile anzi dannosa, Nelle parole di Papa Francesco si misura la distanza percorsa dalla Chiesa da quando il Papa faceva impiccare, bruciare, tagliare teste previa tortura perché quelle anime potessero affrontare la morte ripulite da una bella confessione.
Come sarebbero contenti di sentirgliele dire i tanti uccisi da mastro Titta, il boia del Papa, come la povera Beatrice Cenci, decapitata a 22 anni, o Giordano Bruno, arso vivo per eresia, tanto per citare due dei più famosi.
Papa Francesco dice cose non vere ma verissime. La Chiesa si adegua, si trasforma. Non si va più al rogo per eresia…ma allora forse tanti altri suoi dogmi e precetti andrebbero rivisti con un po’ più di spirito critico, con una lettura più coerente con il comune sentire anche fuori dal Tempio.
Ha detto Papa Francesco, in un videomessaggio indirizzato al Congresso mondiale contro la pena di morte in corso a Oslo.:
“La pena di morte, qualsiasi sia il reato, è inammissibile”. Bisogna guardare al tema delle pene “nell’ottica di una giustizia penale aperta alla speranza di reinserimento del reo nella società. […] Non c’è nessuna pena valida senza la speranza! Una pena chiusa in se stessa, che non porta alla speranza, è una tortura, non una pena”.
Sulla pena di morte, ha detto il Papa,
“si registra una crescente opposizione, anche come strumento legittimo di difesa sociale. Uccidere un reo non ha niente a che vedere con la giustizia perché in sostanza stimola a considerare un condannato con implacabile disumanità e quasi mai come qualcuno che possa riscattarsi.
“Fare giustizia non significa una pena fine a se stessa, ma che le pene hanno come scopo principale la riabilitazione del reo”.
“Per quanto sia grave il reato commesso dal condannato”, la pena di morte “è un affronto alla inviolabilità della vita e della dignità della persona umana che contraddice il disegno di Dio sull’uomo, la società e la sua giustizia misericordiosa. Essa non rende giustizia alle vittime, ma incoraggia la vendetta. Il comandamento ‘Non uccidere’ ha un valore assoluto e riguarda sia l’innocente e il colpevole”.
Come è distante dal suo predecessore Alessandro VI il Papa Francesco nel suo riferimento all’Anno Santo Straordinario. La Chiesa, dice oggi, parla la lingua della misericordia, il Papa riconosce “una buona occasione per promuovere nel mondo forme sempre più mature di rispetto per la vita e la dignità di ogni persona. Vorrei incoraggiare tutti a lavorare non solo per l’abolizione della pena di morte, ma anche per il miglioramento delle condizioni della detenzione, a rispettare pienamente la dignità umana delle persone private della libertà”.
Alessandro VI lanciò il Giubileo del 1500 e per far capire ai ladri che dovevano tenere le mani a posto ne fece impiccare 18, tutti lo stesso giorno, il 27 maggio del 1500, sui due lati di Ponte Sant’Angelo, proprio davanti alla casa del boia.