Pensioni d’oro: attacco spacca l’Italia, viola Costituzione. Giovanni Valentini

Pubblicato il 15 Dicembre 2013 - 07:36 OLTRE 6 MESI FA
Pensioni d'oro: attacco spacca l'Italia, viola Costituzione. Giovanni Valentini

Giovanni Valentini: attacco alle pensioni contro la Costituzione

Non si esce dalla crisi con un “genocidio generazionale” è il monito di Giovanni Valentini. È una strada scivolosa e pericolosa,

“che innescherebbe una reazione a catena di antagonismi e rivalse”.

Su quella strada scivolosa e  pericolosa si rischia di precipitare, se si intraprendono iniziative come l’assalto alle pensioni di chi, avendo versato più contributi, oggi ne gode in misura superiore alla media. La  frattura che Giovanni Valentini vede nel tessuto della società italiana, in realtà è una frattura ancora più pericolosa, perché mette in discussione principi fondamentali della democrazia di stampo occidentale, ci riporta indietro di quasi cento anni, a un altro ottobre, a una rivoluzione che per milioni è stata sangue, miseria e morte.

Non c’è un attacco diretto al Governo Letta e anche al giovane e giovanilistico Matteo Renzi ma il monito è chiaro: attenti che state sfasciando l’Italia, più ancora di quanto già non lo sia e in modo irreversibile.

Giovanni Valentini può essere preso a paradigma del conflitto di oggi fra generazioni, sullo sfondo del conflitto eterno fra figli e padri, Kronos da una parte, Edipo dall’altra.

Padre sessantacinquenne di due figli maschi, ha scritto un libro a quattro mani con il secondo, Niccolò Valentini, che non solo ha la colpa di essere molto intelligente e un po’ scontroso, ma di essere anche diventato grillino, cioè seguace di Beppe Grillo. Qui vive l’esperienza di un uomo della sua generazione, diviso da un gap difficilmente colmabile da quella dei figli.

Ma quaranta e più anni fa, quando il giovanissimo Giovanni Valentini iniziava la scalata all’empireo del giornalismo italiano, per arrivare a dirigere una sfilza di quotidiani di provincia, i settimanali Europeo e Espresso e diventare vide direttore di Repubblica, allora Giovanni Valentini aveva in corpo non solo una forza umana e professionale come pochi in qualsiasi generazione ma anche una carica di aggressività contro le generazioni più anziane motivata da nulla se non dalla Natura e che si fermava solo davanti a Zeus Scalfari.

Per queste ragioni in materia di scontro fra generazioni Giovanni Valentini parla con doppia cognizione di causa.

Con l’avvento di Matteo Renzi e di Beppe Grillo, ha scritto Giovanni Valentini su Repubblica nella sua rubrica settimanale “Il sabato del villaggio”,

“la politica italiana ha cambiato età. È diventata più giovane e anche più femminile”,

cosa peraltro vera per quanto riguarda Matteo Renzi, un po’ meno nella persona di Beppe Grillo anche se in prevalenza giovani sono i suoi seguaci.

“È anche una questione di linguaggio, cioè di comunicazione. A cominciare proprio dal modo di ragionare, di parlare e perfino di vestire. La maggiore presenza femminile nel ceto politico aggiunge poi un quid di sensibilità e di concretezza che non può che alimentare un confronto più civile.

“Quello che però non giova è un certo giovanilismo di maniera, come se l’età fosse di per sé una garanzia assoluta. Né tantomeno giova la propaganda anti-gerontocratica che a volte si rischia di sconfinare nella persecuzione dei più adulti. […]

“Nel generale incattivimento dei rapporti interpersonali che la crisi economica ha innescato purtroppo a tutti i livelli, dalla dimensione familiare a quella sociale, dai luoghi di lavoro al condominio, questo conflitto generazionale tende a sfociare nella protesta e nella rabbia. Nulla di nuovo sotto il sole, si dirà. In questa fase, però, la mancanza di lavoro, di prospettive e di sicurezze, attizza il malcontento crescente dei non garantiti nei confronti dei più garantiti.

“L’esempio più sintomatico è quello delle cosiddette “pensioni d’oro” che spesso in realtà non sono neppure d’argento e, a volte, sono addirittura inferiori ai contributi versati negli anni.

“Teniamo da parte i casi più scandalosi di cumuli e trattamenti di favore che producono in effetti prestazioni da nababbi. Ma la verità è che queste pensioni – come ha scritto recentemente Alberto Statera sul nostro supplemento “Affari & Finanza” – “non sono il valsente di ricchi rentier, ma il salario differito di ex lavoratori dipendenti che hanno versato (quasi tutti) contributi e imposte sui redditi fino all’ultimo centesimo”. E comunque, quando il Governo chiede un contributo di solidarietà per introdurre giustamente un reddito minimo per i poveri e per i giovani disoccupati, non si vede perché debba esigerlo solo dai pensionati oltre i 90 mila euro (lordi) all’anno e non da tutti coloro che appartengono alla stessa fascia di reddito, secondo le indicazioni della Corte costituzionale.

[…]

“È innanzitutto questa frattura fra giovani e anziani che va ricomposta, se si vuole costruire o ricostruire una società più giusta. Spetta alla politica farsene carico in funzione dell’interesse generale, individuando soluzioni concrete ed efficaci al di fuori della demagogia o del qualunquismo, per evitare la saldatura della protesta legittima con la violenza di piazza. La “rivolta dei forconi”, preceduta dal prologo delle “cinque giornate” siciliane del gennaio 2012, minaccia invece di fornire risposte sbagliate a problemi veri aggravando ulteriormente la situazione.

“Vale per tutti, allora, e non solo per i quarantenni, l’esortazione di Andrea Scanzi su una “generazione in panchina” (“Non è tempo per noi” di Andrea Scanzi – Rizzoli, 2013 – pag. 164), che vale anche per Renzi (38 anni) come per Grillo (65): “Prima di rottamare gli altri, dovremmo azzerare la parte peggiore di noi stessi”: ognuno dovrebbe fare un esame di coscienza, per superare i propri limiti e riparare i propri errori”.