“Stabilità, niente ribaltoni”. Nicola Porro e Ugo Bertone: diktat dei mercati

Pubblicato il 3 Agosto 2013 - 15:11 OLTRE 6 MESI FA
"Stabilità, niente ribaltoni". Nicola Porro e Ugo Bertone: diktat dei mercati

Nicola Porro: “Stabilità, no ai ribaltoni”

Mentre Silvio Berlusconi ai arrovella su ipotesi di elezioni anticipate con la speranza di un pieno di voti, un invito alla stabilità emerge da un articolo di Nicola Porro sul Giornale di Berlusconi e di Ugo Bertone su Libero:

“L’austerity è andata in soffitta, I mercati dicono no ai ribaltoni”.

Secondo Nicola Porro il mercato della Borsa sta “snobbando” la conclusione in Corte di cassazione del processo a Berlusconi e anche per e aziende direttamente controllate dallo stesso Berlusconi.

“non si può certo dire che ieri il mercato abbia dato una botta al­la galassia delle sue società quotate. Mediaset, Mediolanum e Mon­dadori valgono circa 8,5 miliardi. E Fi­ninvest, la cassaforte di Berlusconi, venerdì ha vir­tualmente perso circa 35 milioni di eu­ro. Gran parte della perdita è dovuta al meno due per cento di Mediaset (che però in un anno ha fatto più 130%)”.

L’assenza di emotività nel mercato, secondo Nicola Porro, è dovuta a

“tre motivi fonda­mentali.

1. Si scommette su una moderata ri­presa dell’Europa. Dopo due anni di au­sterity [e 5 di recessione] c’è la convinzione che i big boss europei abbiano lasciato un po’ di bri­glia sciolta sui conti pubblici. Fiducia di imprese e consumatori europei salgo­no. E in Italia si sta vedendo qualche segnale finalmente positivo. Forse anche grazie ai problemi di Turchia ed Egitto c’è una ripresa del turismo.

2. Gli Stati Uniti, che rappresentano un quinto del Pil mondiale, stanno cre­scendo e riducendo la disoccupazione.

3. I titoli obbligazionari a lungo, dalla Germania agli Usa, rendono poco: in­torno al 2 per cento. Il mercato se ne sta liberando e ritorna sulle azioni”. Alla fine di questo bel quadretto, se non roseo certamente meno cupo dei tempi di Mario Monti, il duro monito difficile da contraddire:

“La sentenza Berlusconi per ora vale nulla in Borsa. Tutto cambia se il gover­no Letta dovesse cadere”.

Rincalza Ugo Bertone:

 “Guai a sprecare il piccolo tesoro [del timido avvio di ripresa che stiamo vivendo] con una crisi di governo scriteriata, dai danni potenziali semplicemente incalcolabili.

“La ripresa dell’economia finalmente si è avviata. Tra le note positive spicca l’enorme risparmio, nell’ordine dei sei punti percentuali, sugli interessi che l’Italia deve pagare sul suo debito. L’andamento dello spread, lungi dal segnalare maggiori tensioni, si restringe”. Ugo Bertone si basa sul giudizio di una serie di analisti, a cominciare da Ig capital:

“Le recenti dichiarazioni arrivate da diversi esponenti del Pdl nonché dallo stesso Berlusconi sembrano garantire il sostegno al governo Letta e allontanano al momento l’ipotesi di un ritorno anticipato alle urne”.

Riccardo Barbieri di Mizuho International:

“Berlusconi ritiene più saggio ed utile difendere la propria posizione dentro al governo piuttosto che fuori».

Marcello Benedetti, fixed income sales di Stifel Nicolaus Europ:

“si può consigliare ai grandi investitori di «continuare a investire in Italia…se non ci dovessero esser sorprese né sul fronte politico né economico, lo spread è destinato a restringersi ancora anche se a piccoli passi».

Aiaf, associazione italiana degli analisti finanziari che, dai giorni più bui della crisi (anche su sollecitazione di Maria Cannata, direttore generale del debito), dedica un osservatorio allo stato dei conti pubblici italiani, avverte:

“Purchè non arrivino sorprese sul fronte del governo”.

 

Ugo Bertone scrive quello che molti sentono anche magari ancora non pensano:

“L’esecutivo Letta ha centrato più obiettivi di quel che non si creda. In sintesi:

a) Per prima cosa si sta risvegliando l’economia reale. Gli indicatori che anticipano la dinamica dell’attività produttiva segnalano che, al giro di boa di fine giugno, la ripresa si è messa in moto. Da aprile il quadro è migliorato. Sono saliti gli ordinativi all’industria dall’estero, ma è ripartita, seppur in maniera più timida, anche la domanda interna.

b) A frenare gli entusiasmi contribuisce, a prima vista, il dato del fabbisogno di cassa in netto peggioramento a luglio rispetto ai primi sette mesi del 2012 : 50,6 miliardi di euro contro 27,2 miliardi. Ma l’allarme rientra se si analizza la natura delle componenti straodinarie di questo balzo. L’andamento del fabbisogno, infatti, «riflette – scrivono gli analisti dell’Aiaf – già nella prima metà dell’anno il pagamento dei debiti commerciali della Pubblica Amministrazione e i maggiori rimborsi fiscali ».

c) Ovvero, finalmente l’austerità montiana è fnita nel cassetto. Con troppa prudenza, probabilmente. Ma le cose si stanno comunque muovendo nella direzione giusta. Senza strappi. L’obiettivo di fabbisogno totale del 2013 contenuto nel Def di Aprile, ricorda l’osservatorio, è di 53,7 miliardi (contro i 49,5 del 2012) che sale a 73,7 miliardi se si conteggiano i 20 miliardi previsti per il pagamento dei debiti della P. A. nei confronti delle imprese.

d) Il deficit pubblico tendenziale è pari al 3,1%. È la prima volta dal 2009 che il dato peggiora, seppur non di molto situandosi al di sopra del tetto del 3 per cento. Non è una cattiva notizia, visto che la ragione sta «in una maggior attenzione agli esborsi ( o ai minori introiti) in favore dei contribuenti ». Ovvero, è bastato ridurre la spremitura dei contribuenti per avere risultati sul fronte dell’economia.

e) A rendere sostenibile la virata ha contribuito il calo della spesa per interessi: -6% su Btp e Bot, un dato ancor più rilevante se si considera che si è ridotta in maniera rilevante la dipendenza del Tesoro dagli investitori internazionali. g

f) Insomma, il leggero peggioramento della dinamica del deficit pubblico è giustificato dalla necessità di supportare l’economia con i rimborsi fiscali e gli anticipi di pagamento. E la strategia paga. E potrebbe pagare ancor di più, anche in sede europea, dopo le elezioni tedesche”.

La conclusione purtroppo scivola nella linea della velina del Minculpop di Berlusconi:

“Adesso tocca ad Imu ed Iva. È importante che i provvedimenti siano finanziati da misure di contenimento della spesa”.

Poi però si riprende:

“Proprio per questo, dicono gli uomini di mercato, occorre che il governo vada avanti, cancellando il rischio di una nuova fase di incertezza politica e fiscale”.