Tolo tolo, l’attore Mohamed Ba: “Ha messo a nudo i limiti della società italiana”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 9 Gennaio 2020 - 11:59 OLTRE 6 MESI FA
Tolo tolo, l’attore Mohamed Ba: "Ha messo a nudo i limiti della società italiana"

Una scena del film Tolo Tolo

ROMA – Mohamed Ba, attivista senegalese e attore che ha recitato nel film “Tolo tolo” di Checco Zalone, è intervenuto ai microfoni della trasmissione “L’Italia s’è desta”, condotta dal direttore Gianluca Fabi, Matteo Torrioli e Daniel Moretti su Radio Cusano Campus, emittente dell’Università Niccolò Cusano.

Riguardo i suoi ruoli nel film. “Ho interpretato un medico, il Papa e uno scrittore. E’ una cosa che un po’ spiazza, Maometto che interpreta il Papa è una sberla in faccia a chi vuole usare la parola di Dio come arma per impedire agli altri il diritto di esistere e di credere. Il film è un ribaltamento del danno antropico che abbiamo apportato al mondo attraverso l’idea retorica che chiudersi fra le mura di casa garantisca sicurezza. Attraverso il film abbiamo voluto porre una domanda: che cosa ho fatto io per essere senegalese e cosa ha fatto l’altro per essere italiano? Non mi soffermo sui personaggi, preferisco sempre arrivare alla persona. Quando uno è sotto ai riflettori è riconosciuto, ma quello che ci dà la luce spesso non corrisponde alla profondità delle cose. Da quando sono in Italia ho sempre cercato di promuovere l’idea di umanità che garantisce la libera espressione delle diversità, l’Italia è un Paese fondato da esteti, amanti del bello. Non volevo prestare il mio volto a un progetto cinematografico che volesse affermare il contrario. Io penso sia possibile passare dallo stato di vucumprà a quello di vupensà. Ci siamo visti a casa di Checco Zalone, ci siamo guardati negli occhi, mi ha spiegato la sua idea e lì abbiamo trovato una convergenza. La cosa che mi ha colpito di più è l’umiltà di Checco, una  semplicità spiazzante perché di solito nel jet set c’è un po’ di trasferimento dell’umano in un guscio che diventa il tuo lavoro. Io penso che noi non siamo il lavoro che facciamo, perché il lavoro prima o poi finisce. In Zalone ho trovato un amico, un fratello, una persona semplice elastica e resiliente. Fece un gesto che ancora oggi ricordo con brividi. Mia figlia ha visto tutti i suoi film, eravamo in Marocco a girare e Zalone ha fermato tutto per 5 minuti per fare un video in cui fa gli auguri a mia figlia che faceva il compleanno. Lei non ci credeva, quasi quasi sveniva. Interpretare una situazione così drammatica come il fenomeno migratorio ci dà la profondità dell’umano Zalone, perché non ha detto: aprite e chiudete, ha solo posto la domanda: se non fossimo nati qui in Italia cosa sarebbe stato di noi?”.

Sulle polemiche sul film. “Nessuno mi ha mai costretto a non dire nulla del film. Ogni professionista che si rispetti penso debba capire fino a dove può spingersi in un progetto del genere. Ho capito che ormai in Italia l’immigrazione è un tabù, non se ne deve parlare. Ma non c’è bisogno di una licenza per poterne parlare, è un fenomeno che tocca tutti sul piano globale, noi dobbiamo proporre un pensare globale per un agire locale. Tolo tolo ha messo a nudo i limiti della società occidentale, in modo particolare quella italiana, dove ci si sofferma sui contorni, senza mai scendere nella sostanza delle cose. E’ troppo semplice trovare risposte immediate a temi complessi. Quando si parla di immigrazione ho l’impressione che si parli di un blocco, una cosa a se stante, ma l’immigrazione è un mondo. Bisognava fermarsi un attimo, guardarsi negli occhi e interrogare gli immigrati del passato che qui hanno trovato cittadinanza e insieme a loro trovare le vie percorribili”.

Infine si parla dell’aggressione ai suoi danni nel 2009 a Milano. “Qualcuno mi ha regalato un tatuaggio che non avevo ordinato. Mi hanno accoltellato perché ero un po’ troppo abbronzato. Sono guarito dall’odio. Il fatto già di interagire con voi nella vostra lingua sentendo il legame profondo che abbiamo nel soggiornare entrambi in Italia per qualcuno sembra normale, ma normale non è, è stato possibile perché noi abbiamo rielaborato la nostra memoria dandole cittadinanza nella nostra realtà. Tutti i mali che la mente malata può percepire sono stati vissuti su questa pelle, la pelle nera, dalla evangelizzazione allo schiavismo, eppure io se vedo una persona con quei tratti somatici col sorriso vado ad abbracciarlo perché so che non c’entra niente con quei fatti. Tuttavia c’entrerebbe quando vede quei segnali che riportano a quei momenti e non dice e non fa nulla. Il timore subentra nel momento in cui non vi è una consapevolezza di chi siamo e del perché. Oggi i ragazzi italiani non sanno nulla del passato di emigrazione dei loro avi, chi non ha passato non capirà mai il presente, figuriamoci se potrà pretendere il futuro”. Fonte: RADIO CUSANO CAMPUS.