Superstite strage di Capaci: “Mi sento in colpa perché sono vivo”

Pubblicato il 23 Maggio 2012 - 17:27 OLTRE 6 MESI FA

FIRENZE – ”Eravamo convinti di essere intoccabili. Ci sentivamo protetti da uno scudo invisibile perche’ a Palermo eravamo la scorta d’eccellenza, quella di Falcone”, ma da quel giorno ”io mi sento colpevole perche’ sono rimasto vivo”. A parlare, ai microfoni della Tgr Rai della Toscana, l’ispettore della polizia di Stato, Angelo Corbo, superstite della strage di Capaci.

Corbo era nella terza auto, la Croma azzurra, nella colonna che proteggeva gli spostamenti di Falcone. ”Non notavamo nulla di particolare, non c’era un qualcosa che poteva darci un allarme – rievoca l’attentato l’ispettore, che all’epoca aveva 27 anni – poi arriviamo al bivio di Capaci e scoppia tutto”.

”Ero girato verso il lunotto posteriore, guardavamo le macchine che seguivano. Le auto si sollevarono da terra, anch’io ebbi la sensazione di volare”. Corbo sopravvisse. Oggi lavora come ispettore capo presso la polizia giudiziaria della procura di Firenze. Negli anni racconta anche di aver provato ”vergogna” proprio per essere rimasto vivo. ”Quel giorno e’ rinato un altro Angelo Corbo”, racconta ancora ma ”una parte di me e’ morta insieme ai miei colleghi”. ”Io – dice ancora – sono uno dei fortunati che il fato, Dio, ha voluto continuare a proteggere”.