BOLOGNA – Una bimba che non va a scuola, un campo rom e una famiglia che si tiene la sua piccola figlia anche se non va tra i banchi: la storia è quella di una sentenza della Corte di Appello di Bologna che non ha tolto ha bambina ai genitori perché se non va a scuola non subisce “un pregiudizio” sufficiente, è solo il suo “normale modo di vita”.
La Procura dei minori aveva chiesto l’affidamento ai servizi sociali per la piccola che vive in un campo alla periferia di Parma.
Andava a scuola in prima media, come scrive Repubblica, un giorno sì e due no. “Pessime condizioni igieniche” sono state riscontrate nel campo. La sezione della Corte d’Appello, presieduta da Vincenzo De Robertis, con due giudici togati e due laici esperti, ha però deciso così: “La condizione nomade e la stessa cultura di provenienza non induce a ritenere la sussistenza di elementi di pregiudizio per la minore”. Non sono provati “comportamenti dei genitori che non siamo riferibili al normale modo di vita per condizione e per origine”.
“In questo modo si aumenta la marginalità e la discriminazione” dice a Repubblica Dimitris Argiropoulos, ricercatore a Scienze dell’Educazione e aderente alla Federazione Romanì che tutela i rom. “Il problema non è la cultura dei rom, ma la cultura dell’abbandono in cui sono costretti a vivere. Il problema è la povertà. Se un italiano è povero e non cura i figli si dice che è colpa della sua origine italiana?”.