Roma: detenuto muore al Policlinico, forse per meningite

Pubblicato il 27 Novembre 2010 - 00:33 OLTRE 6 MESI FA

E’ morto, dopo una settimana di febbri altissime, nel reparto per detenuti del Policlinico ‘Umberto I’ di Roma, senza che nessuna delle cure mediche tentate avessero effetto. Antonio Alibrandi, detenuto di 32 anni del carcere di Rebibbia Nuovo Complesso, si è spento il 5 ottobre scorso nel nosocomio romano. Ne dà notizia il Garante dei diritti dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni spiegando che si tratta della nona persona morta nelle carceri del Lazio dall’inizio del 2010: di queste tre sono stati suicidi.

Il personale del carcere ha riferito ai collaboratori del Garante che, nella seconda metà di settembre, Alibrandi è stato colpito, per più di una settimana, da una febbre altissima e che gli antibiotici somministrati non hanno avuto effetto alcuno. Vista la gravità della situazione è stato disposto il ricovero dell’uomo nella struttura protetta dell’ospedale ”Sandro Pertini” da dove, dopo pochi giorni, è stato trasferito al Policlinico ”Umberto I”, dove è morto. Il decesso potrebbe essere stato causato, secondo alcune ipotesi, da meningite o da leucemia fulminante.

Alibrandi era arrivato a Rebibbia nell’ottobre del 2009 per scontare una condanna definitiva a due anni di reclusione per rapina semplice. Chi lo ha conosciuto lo descrive come una persona riservata. Single e detenuto lontano da casa (era di origine calabrese essendo nato a Lamezia Terme), aveva pochissimi colloqui se non con il Sert interno e l’area trattamentale. Proprio per la sua solitudine Alibrandi chiedeva spesso dei capi di vestiario ai volontari della Caritas.

Ai collaboratori del Garante regionale dei detenuti l’uomo aveva chiesto di interessarsi per entrare in una comunità terapeutica e del vestiario. ”Quest’uomo è morto in ospedale da solo, senza il conforto di parenti ed amici, e proprio per questo il suo decesso rischiava di passare sotto silenzio – ha detto Marroni – La cosa certa è che, con i livelli di sovraffollamento attuali, e le carenze di risorse, le carceri non sono la struttura adeguata a garantire l’assistenza per persona in quelle condizioni di salute”.