Il cardinale Sepe si difende: “Ho agito per il bene della Chiesa. Fu Silvano a portarmi Bertolaso. In Piazza di Spagna competenza statale”

Pubblicato il 21 Giugno 2010 - 13:37 OLTRE 6 MESI FA
cardinale sepe

Crescenzio Sepe

Il cardinale Sepe “giura” sulla propria innocenza: “Ho fatto tutto nella massima trasparenza”, ha detto in una conferenza stampa parlando del suo coinvolgimento nell’inchiesta sui Grandi Eventi che lo vede indagato per corruzione. Inoltre Sepe ha spiegato che fu Francesco Silvano a rivolgersi a lui per trovare una casa a Guido Bertolaso. Il capo della Protezione Civile ha tirato in ballo il cardinale in merito alla casa di via Giulia che gli fu “messa a disposizione” da Propaganda Fide (all’epoca Sepe era il prefetto della congregazione). Sepe ha poi assicurato che il restauro della palazzina di Piazza di Spagna (una proprietà di Propaganda Fide per la quale il ministero delle Infrastrutture stanziò 2,5 milioni di euro) era di competenza dello Stato.

L’arcivescovo di Napoli ha letto una lettera dove ha tentato di confutare, punto per punto, gli addebiti che gli vengono fatti dai magistrati perugini “per la responsabilità che ho avuto in quanto prefetto della Congregazione di Propaganda Fide”.

Sepe ha parlato dell’alloggio dato in uso a Guido Bertolaso, della vendita all’ex ministro Lunardi di un palazzetto in via dei Prefetti e poi dei lavori in messa in sicurezza di un lato del palazzo di Propaganda Fide in piazza di Spagna.

“Ho fatto tutto avendo i bilanci puntualmente approvati dalla Prefettura per gli affari economici e dalla Segreteria di Stato -ha detto Sepe – la quale con una lettera inviatami a conclusione del mio mandato di prefetto volle finanche esprimere apprezzamento e stima per la gestione amministrativa”.

Inoltre il cardinale ha sottolineato di aver “sempre agito secondo coscienza, avendo come unico obiettivo il bene della Chiesa. Neppure una vicenda giudiziaria può giustificare una così fredda elencazione di eventi senza mettere in campo una serie di altri elementi essenziali primo tra tutti il percorso di una vita sacerdotale nel quale la Croce non é mai un intoppo ma il segno dell’appartenenza a Cristo. Accolgo così in tutta umiltà la prova che oggi mi tocca ma accanto ad essa avverto la serenità che non può nascere a caso ma è maturata via via, attraverso i diversi passaggi della mia vita”.

Sepe ha parlato del “caso Bertolaso”, che alloggiò in una casa di Propaganda Fide: “L’esigenza di una casa per Bertolaso mi venne rappresentata dal dottore Francesco Silvano. In prima istanza, gli feci avere ospitalità presso il seminario, ma mi furono rappresentati problemi di inconciliabilità degli orari, per cui incaricai lo stesso dottor Silvano di trovare altra soluzione”. Soluzione della quale, prosegue Sepe, “non mi sono più occupato né sono venuto a conoscenza sia in ordine alla ubicazione sia in ordine alle intese e alle modalità. Come è stato scritto sui giornali Bertolaso aveva bisogno di vivere in un ambiente più sereno poiché aveva qualche difficoltà”.

Il cardinale ha poi parlato del palazzo di propaganda Fide in piazza di Spagna a Roma, per il cui restauro è stato chiamata in causa anche Lunardi (i lavori furono finanziati con soldi statali): “Aveva subito una modificazione strutturale nel senso che era stato registrato un notevole distacco della parete determinato, secondo gli accertamenti tecnici effettuati, da infiltrazioni di acqua sotto il fabbricato e dalle continue vibrazioni causate dal passaggio della vicina metropolitana. Fu accertata a competenza dello stato italiano e furono eseguiti lavori di ripristino e ristrutturazione con onere parzialmente a carico della pubblica amministrazione”.

In merito alla vendita di una casa di Propaganda Fide in via dei Prefetti all’ex ministro Pietro Lunardi, Sepe ha spiegato: “La somma, incassata peraltro immediatamente, venne trasferita all’Amministrazione patrimonio sede apostolica (Apsa), affinché fosse destinata a tutta l’attivatà missionaria nel mondo”. Sepe ha sottolineato che si trattava “di un immobile che presentava in maniera evidente e seria, segni di vecchiaia e di precarietà, rappresentati più volte anche dagli stessi inquilini”.

“Fu disposto un sopralluogo ricognitivo eseguito dai tecnici della congregazione – ha aggiunto – i quali fecero anche una valutazione dei lavori necessari, preventivando anche la spesa che fu ritenuta troppo onerosa per le casse della congregazione, per cui venne presa in considerazione l’opportunità della vendita, ponendosi a carico del futuro acquirente l’onere della ristrutturazione”. Solo successivamente, ha spiegato Sepe, gli fu riferito che “l’onorevole Lunardi aveva espresso il proprio interesse all’acquisto e fu avviata una trattativa che si concluse sulla base della valutazione fatta” sia dai tecnici della Congregazione che da quelli di “un istituto di credito, per la concessione di un mutuo”.

Sepe ha affermato che il papa Benedetto XVI gli chiese “con una certa insistenza di rimanere a Roma”. Ma il cardinale ha sottolineato che fu sua la volontà di continuare il suo servizio alla Chiesa nell’azione pastorale “tra la gente, a Napoli”.

Il cardinale ha ripercorso le tappe del suo percorso sacerdotale evidenziando quella che ha definito “la chiamata a Napoli, la terra che il Signore aveva scelto per il mio ministero pastorale di padre”. Fu il papa Benedetto XVI nelle parole di Sepe a riferirgli che “si indicava il mio nome per Napoli e mi chiedeva che ne pensassi”: “Chiesi un po’ di tempo per riflettere e poi diedi la mia risposta: ‘Santità, il mio cuore già batte per Napoli. Vorrei che gli ultimi anni della mia vita fossero al servizio della Chiesa nell’azione pastorale, tra la gente'”.

Stando alle parole dell’arcivescovo di Napoli, il papa gli ricordò che avrebbe potuto svolgere quel ruolo “ancora nella curia romana”. “Ma io ero felice – ha sottolineato Sepe – di aver scelto di ubbidire allo Spirito che mi inviava in questa nostra amata terra. Felice resto di quello che con voi, sacerdoti e fedeli ogni giorno riesco a vivere in obbedienza alla verità di Cristo, al servizio degli ultimi, nel proclamare la giustizia. Accolgo così in tutta umiltà la prova che oggi mi tocca ma accanto ad essa avverto anche la forza di una serenità che non può nascere a caso, maturata attraverso i diversi passaggi che da sacerdote, mi hanno condotto all’ordinazione episcopale, con la nomina a segretario della Congregazione per il clero”. E poi il cardinale ha ricordato quello che ha definito “l’esaltante esperienza” del Giubileo del 2000 a Roma, nella scia aperta dal concilio vaticano II: “Giovanni Paolo II lo volle come un evento profetico, passaggio tra due millenni, annuncio del Vangelo nel cambiamento del mondo”.

Poi Sepe ha parlato dell’ex presidente del Consiglio dei Lavori pubblici Angelo Balducci, l’attuale presidente del Consiglio di Stato Pasquale De Lise e il professor Francesco Silvano: sono le tre persone alle quali il cardinale si rivolse “sempre” per le consulenze relative agli immobili di Propaganda Fide: “Mi sono sempre avvalso della consulenza specifica di tre persone che avevano titoli ed esperienza per assicurarmi, in ragione della loro attività professionale, un qualificato contributo di pensiero e di soluzione”. Si tratta del “dottor De Lise, magistrato, del dottor Balducci, all’epoca provveditore alle opere pubbliche del Lazio, del dottore Silvano, amministratore dell’ospedale Bambin Gesù, mio collaboratore già durante il Giubileo”.

Al termine della conferenza stampa, il cardinale Sepe ha ricevuto una telefonata da Palazzo Chigi, come hanno affermato alcuni uomini del suo staff.