“Perseguitato dal fisco: chiudo la mia azienda per un loro errore”

Pubblicato il 2 Maggio 2012 - 10:54 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Il Giornale raccoglie la testimonianza di Vincenzo Freni, titolare di un piccolo istituto di ricerche di mercato: “Equitalia pretende 200mila euro a causa di uno studio di settore sbagliato, per giustificare lo scarto tra la mia dichiarazione dei redditi 2006 e l’importo risultante dall’accertamento induttivo”.

“In quell’occasione – spiega il titolare -ho presentato una memoria difensiva dove spiegavo l’errore dell’accertamento induttivo. Lo studio di settore che mi riguarda è relativo a oltre 1.700 contribuenti, ma in Italia esistono meno di 100 istituti di ricerca di mercato. Non esistono 1.700 istituti di ricerca di mercato in tutta l’Europa e nemmeno negli Stati Uniti. Inoltre solo una ventina di istituti di ricerca di mercato fatturano meno di 5 milioni di euro e possono essere inclusi nello studio di settore. Tutte le altre imprese incluse nel mio studio di settore fanno attività diverse (marketing diretto, affitto salette, catering, callcenter, psicologi, intervistatori), anche incompatibili con la ricerca di mercato che, a differenza del marketing diretto, non può operare nella vendita e nella ricerca di clienti”.

“Dopo 15 mesi vengo convocato nella stanza 314 dell’Agenzia delle Entrate di Firenze. La funzionaria debutta leggendo una proposta di chiusura semplificata della controversia fiscale per uno sconto del 50% circa. L’importo che dovrei versare non viene nominato, mi viene solamente fatto leggere da un foglietto, una specie di pizzino. Chiedo di discutere invece della mia memoria difensiva che viene definita dalla funzionaria come non rilevante. Ribadisco inoltre la non aderenza dello studio di settore, che non rappresenta assolutamente la mia attività. In tutta risposta vengo invece invitato a lasciare l’Italia per trasferirmi in un altro Paese”.

“Secondo i funzionari dell’Agenzia delle Entrate di Firenze non ha alcuna rilevanza che sia stato costretto a ridurre il personale da 4 a 2 dipendenti. E nessuna rilevanza hanno accordato al fatto che proprio nel 2006 sia stato ricoveratoin cardiochirurgia per l’applicazione di 2 stent coronarici (ischemia cardiaca successiva a pregresso infarto miocardico). Mi è stato invece fatto capire con linguaggio allusivo che mi poteva venireconcesso un ulteriore sconto fino a circa il 30%dell’importo dell’accertamento induttivo”.

Quindi il titolare conclude: “A questo punto mi ritrovo inattesa dell’esito del ricorso in appello con oltre 200mila euro da versare a Equitalia (gli interessi galoppano), un esborso che mi costringerebbe a licenziare i miei ultimi 2 dipendenti e a chiudere l’attività. Scomparirebbe così dopo quasi 30 anni di attività l’unico istituto di ricerca di mercato esistente in Toscana”.