NAPOLI – Tra le tante figure, losche, meschine, grottesche, criminali, che affollano la parabola triste di Fortuna Loffredo ce ne è una che sfugge a tutti i canoni della criminalità così come di solito la si rappresenta. Si chiama Marianna Fabozzi, ha 27 anni e tanti segreti. Marianna è la compagna e convivente di Raimondo Caputo, l’uomo accusato dello stupro e dell’omicidio di Fortuna, nonché degli abusi sulle figlie di Marianna. Marianna che è madre di Antonio Giglio, il bambino di 3 anni (avuto da un altro uomo) precipitato proprio come Fortuna, proprio da quel palazzo, appena 10 mesi prima. Forse non per un incidente. Marianna è la mamma delle tre femminucce che sistematicamente e ripetutamente finiscono tra le mani di Caputo: per quegli abusi, accertati da psicologi e magistrati, Caputo è in carcere da sei mesi e Marianna ai domiciliari.
Perché Marianna vedeva e sapeva ma lasciava correre, percorrendo lei stessa la strada dell’omertà di chi la violenza ce l’ha in casa ma non la racconta per diffidenza verso le “guardie”, sì, ma anche perché la considera parte fastidiosa ma inevitabile della vita. “Poi passa”, dice alle figlie che sporadicamente si lamentano delle attenzioni di Caputo. Un’indifferenza di certo colpevole ma di cui non si riescono a tratteggiare i contorni, perché non si riesce a rispondere alla domanda: ma come si può arrivare a tanto?
Bambine che a loro volta dagli adulti imparano la legge del silenzio, del segreto. Come si è letto sui giornali è stata una delle figlie di Marianna (le bambine sono in una casa famiglia seguite da psicologi) a raccontare agli inquirenti che era stato Caputo a buttare Fortuna. Fortuna che frequentava quella casa perché le bambine erano le sue amiche del cuore. Fortuna che il 24 giugno 2014 era uscita da casa di Raimondo e Marianna per andare a cambiare le scarpe che le facevano male ma anziché andare al piano di sotto era stata portata da Raimondo sopra, in terrazza. E l’amica aveva visto: era salita a sua volta con la mamma, ritenendo evidentemente inusuale, se non addirittura pericolosa, la vicinanza tra Raimondo e Fortuna. Su in terrazzo ha visto lui sopra la bambina e la piccola che scalciava. Poi il lancio nel vuoto. Ma subito, istantanea, è partita la consegna del silenzio da parte di mamma Marianna: “E’ un segreto”. Come un segreto casalingo le carezze non volute, un segreto da lasciare lì in sospeso insieme alla fine del piccolo Antonio.
Un segreto, e questo diktat, se accertato dalla magistratura e formalizzato in un’accusa, fa di Marianna qualcosa di più di una probabile vittima (a sua volta) di violenza, perché tratteggerebbe un comportamento criminale. Marianna, 27 anni, sembra più grande della sua età. Alle telecamere di Chi l’ha visto, un anno fa, parlava in un italiano stentato, lo sguardo intimidito dalla telecamera e dal giornalista, le parole che si fanno gesti a voler rafforzare un concetto che altrimenti non si saprebbe esprimere. Lei non c’era, lei non ha visto, il racconto è sempre quello. Ma più che smaliziata e reticente Marianna sembra vittima a sua volta, di un destino di violenza che ha radici antiche e che nessuno ha avuto il coraggio di interrompere, fatta eccezione per i bambini del quartiere.