”Sono gli imprenditori a cercare interlocutori e accomodamenti di tipo collusivo con il potere politico e con quello mafioso, in una forma di capitalismo politico-criminale dove gli scambi occulti permettono di restare sul mercato e sopravvivere economicamente”. A evidenziare un dato in controtendenza è l’ultimo rapporto della Fondazione Res ”Alleanze nell’ombra, mafie ed economie locali in Sicilia e nel Mezzogiorno” presentato oggi a Palermo.
”I costi economici della presenza mafiosa nei diversi territori – si legge nella relazione – raggiungono nelle zone ad alta densità mafiosa una percentuale in rapporto al Pil superiore al 2,5% con un picco vicino al 3% in Campania”. I settori privilegiati dalla criminalità organizzata sono ancora quelli legati a forme di regolazione pubblica, smentendo così ”particolari abilità manageriali e finanziarie dei mafiosi soprattutto nei settori innovativi come quello delle energie rinnovabili che interessa prevalentemente per le attività connesse al ciclo del cemento e alla realizzazione delle infrastrutture”. Per realizzare la ricerca della Fondazione Res sono state fatte 85 interviste tra magistrati, giornalisti, imprenditori, esponenti delle forze dell’ordine e i lavori sono stati coordinati da 15 ricercatori degli atenei di Palermo, Catania, Catanzaro, Napoli, Torino.
A finire sotto la lente dei ricercatori sono stati i rapporti tra mafiosi e imprenditori a Palermo, i settori dell’edilizia e degli appalti nella provincia di Trapani, la grande distribuzione commerciale a Catania, il settore dei trasporti nella Sicilia orientale, la sanità nella provincia di Reggio Calabria e i lavori per l’ammodernamento dell’autostrada Salerno-Reggio e, ancora, lo smaltimento dei rifiuti a Caserta e il mercato del falso a Napoli. Alla presentazione del rapporto sono intervenuti il presidente di Confindustria Sicilia, Ivan Lo Bello, l’assessore regionale all’Istruzione, Mario Centorrino, il professore Giovanni Fiandaca e il direttore generale Unicredit Roberto Nicastro.