In Italia quattro bimbi su dieci nascono con un cesareo, siamo i primi in Europa

L’Italia è il primo paese in Europa per numero di parti cesarei con quattro bambini su dieci che nascono con un’operazione. E nel 2009 le donne che hanno scelto, o sono state costrette a sottoporsi all’operazione per far nascere i propri figli è cresciuto al 38,43% dei parti complessivi contro il 38,32% del 2008. Un trend in crescita, dunque, fotografato da Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, di imminente pubblicazione sulla rivista trimestrale Monitor. Un dato che fa un po’ impressione visto i recenti fatti di cronaca che hanno visto diversi neonati morti o in coma per dei parti cesarei negati. Spesso infatti il ricorso al cesareo viene fatto da medici con poca esperienza nel gestire un parto naturale.

L’aumento è avvenuto quasi ovunque, anche nelle Regioni che si mantengono al di sotto della media nazionale come la Sardegna, che dal 2001 al 2009 è cresciuta dal 32,54% al 37,35, la Liguria (da 30,46% a 37,16), la Lombardia (dal 25,31% al 28,71, la Provincia autonoma di Bolzano (dal 14,09% a 25,49). Solo Trento ha ridotto dell’1,4%. Continuano l’ascesa le Regioni sopra la media. La Campania è riuscita addirittura a guadagnare portandosi dal 61,89% al 62,24. Unica eccezione, la Basilicata, in accentuata fase decrescente, dopo il record negativo del 2003, quando oltre la metà dei bebè rilasciavano il primo vagito in sala operatoria.

Tra i dati riportati da Agenas c’è il fatto che la maggior parte dei parti cesarei viene fatto nelle strutture private e in quelle in cui vengono effettuate meno di 500 nascite all’anno. Insomma in strutture che secondo il piano nazionale sanitario dovrebbero essere chiuse. Tanto è vero che il ministro della Salute Ferruccio Fazio ha deciso di inviare presto una circolare. “Le nascite devono avvenire in condizioni di sicurezza, in centri con terapia intensiva neonatale – ha detto Fazio – L’eccesso di cesarei dipende anche dalla disorganizzazione. Incoraggeremo il parto indolore e con il ministro Mariastella Gelmini abbiamo in programma di rivedere i percorsi formativi degli specializzandi in anestesia e ginecologia”.

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