“Lesbica di m…” contro la Concia: la violenza che non indigna e la legge che non c’è

Pubblicato il 21 Aprile 2011 - 18:34 OLTRE 6 MESI FA

Anna Paola Concia

ROMA – Sono le 19,30 di un mercoledì sera e per le strade di Roma c’è una luce piena e la consueta folla indaffarata di lavoratori e turisti. A due passi dal Parlamento la deputata Pd Anna Paola Concia e la sua compagna Ricarda stanno passeggiando mano nella mano, prima di dirigersi al concerto di Patti Smith. Un passante le avvicina, riconosce l’onorevole (lesbica dichiarata e da sempre in prima linea per difendere i diritti degli omosessuali) e inizia a insultarla: “Lesbiche di m….vi dovevano bruciare nei forni”. “Ti ho riconosciuto. A me non me ne frega niente che sei parlamentare. Vi dovrebbero mettere ai forni”. E così di seguito.

Non è il primo caso di violenza (in questo episodio solo verbale ma non è meno significativa) contro i gay nella capitale, ma quello che stupisce è ciò che accade nei minuti seguenti. La Concia si difende, sempre verbalmente ma senza scendere al livello di chi l’aggredisce. Non insulta, non usa parolacce: “Come ti permetti di insultarmi così?”, dice. Succede però che di fronte a questa scena, tra chi usa toni e modi violenti e chi si difende in maniera ferma ma rispettosa, la gente che passa si limiti a guardare. Semplici spettatori, che non intervengono. Non solo, la Concia racconta che in molti hanno preso le difese dell’uomo: “Alcuni mi rimproveravano perché gli avevo risposto male”. Qualcun altro ha minimizzato: “E’un matto, fa così con tutti”, ma “quella persona – osserva la Concia – era lucidissima e mi ha offesa con cognizione di causa”.

Finisce che gli animi si placano quando interviene un collega di Anna Paola Concia a difenderla: è Antonino Lo Presti, deputato Fli. Il ragazzo si allontana e a quel punto intervengono i carabinieri. Le domande che si fa la Concia, che ha parlato a Repubblica.it, sono domande di buon senso: “E’ un fatto grave – denuncia la deputata – che avvengano ancora cose del genere. Ho dovuto reagire. Se non lo faccio io, che ho le spalle grosse, chi può farlo? E se quell’uomo avesse fatto lo stesso con due ragazze, in una strada di periferia? Come avrebbero reagito loro? Cosa sarebbe arrivato a fare? Penso a queste cose, e provo rabbia. Se ci fosse una legge contro l’omofobia, sarebbe assai più facile evitare il ripetersi di episodi di questo tipo”. Già, la legge sull’omofobia. Un disegno di legge che prevedeva l’aggravante dell’odio omofobo per chi aggrediva una persona è stata bocciata in parlamento nel 2009. Il principio era semplice: se aggredisci una persona in strada solo perché gay sei una potenziale minaccia per ogni omosessuale. Quindi, l’aggravante rispetto all’aggressione “semplice”. Esattamente come succede per chi aggredisce una persona perché di colore: in quel caso c’è l’aggravante del razzismo.

La proposta, che pure aveva ricevuto il sostegno non scontato del ministro per le Pari Opportunità Mara Carfagna, è naufragata in Parlamento. Per rispetto dell’uguaglianza davanti alla legge previsto dalla Costituzione, hanno detto a destra e a sinistra (nel 2009 Paola Binetti era ancora nel Pd). Gli aggrediti sono quindi tutti uguali davanti alla legge. E gli aggressori? Quelli no però, e lo dice la cronaca: il trentenne romano che ieri sera ha dato in escandescenza non avrebbe reagito così se accanto gli fosse passata una coppia formata da un uomo e una donna.