Pescara. D’Alfonso, ex-sindaco, e altri 23 assolti. Arrestato nel 2008 si dimise

Pubblicato il 12 Febbraio 2013 - 11:10| Aggiornato il 20 Giugno 2022 OLTRE 6 MESI FA

PESCARA – Il maxi-processo contro l’ex-sindaco Luciano D’Alfonso e altri 23, fra suoi collabatori e imprenditori, si è concluso con una assoluzione generale. Il sindaco e Guido D’Ezio, suo braccio destro, erano stati anche arrestati nel dicembre del 2008. Venticinque erano i capi di imputazione e la richiesta dell’accusa era di 6 anni di carcere per il sindaco e, a scendere, fino a un anno per gli altri .

Invece sono stati tutti assolti per non aver commesso il fatto. Nel 2008, D’Alfonso, centrosinistra, fu costretto a dimettersi, e la cità tornò al voto dando la maggioranza a Albore Mascia, centrodestra.

Scrive il “Centro”:

“Tutti assolti per non aver commesso il fatto. Nel processo ’Housework’ per presunte tangenti, che ha avuto al centro l’ex sindaco di Pescara, Luciano D’Alfonso, assolto con la sentenza di oggi, tra gli altri imputati assolti anche gli imprenditori Carlo e Alfonso Toto. Gli imputati erano accusati, a vario titolo, di reati che vanno dall’associazione per delinquere, alla corruzione, alla concussione, alla tentata concussione, all’abuso, al peculato, alla truffa, al falso, all’appropriazione indebita. L’ex sindaco D’Alfonso è stato assolto in particolare dai reati di associazione per delinquere, corruzione, concussione, tentativo di concussione, appropriazione indebita, truffa e peculato. Il Tribunale ha inoltre disposto il dissequestro della sua villa di Lettomanoppello (Pescara). Vari i filoni dell’inchiesta, tra cui l’appalto per le aree di risulta e quello relativo al project financing dei cimiteri cittadini.”

L’inchiesta fu promossa dall’allora procuratore della Repubblica di Pescara, Nicola Trifuoggi e dal suo sostituto Gennaro Varone. Trifuoggi, nel 2009, fu al centro di un clamoroso incidente che vide protagonista Gianfranco Fini, il quale scelse il magistrato come confidente del suo mal di pancia verso Berlusconi, per essere poi immortalato in un imbarazzante fuorionda sia per il politico sia per il procuratore.

Il “Centro” ricorda le richieste della pubblica accusa:

“Per l’ex sindaco, il pm Gennaro Varone aveva chiesto sei anni di reclusione, l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e la confisca della villa di Lettomanoppello; per il dirigente Dezio, Varone ha chiesto sei anni di reclusione e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. L’ex sindaco deve rispondere dei reati di associazione per delinquere, corruzione, concussione, tentativo di concussione, appropriazione indebita, truffa e peculato. Per l’accusa, rappresentata dal pm Varone, D’Alfonso sarebbe stato «capo e promotore» dell’associazione per delinquere, il cui scopo finale sarebbe stato quello di «commettere una serie di delitti contro la pubblica amministrazione, la fLe richieste ede pubblica e il patrimonio», volti «al reperimento di risorse per l’arricchimento personale, per il finanziamento dell’attività politica di D’Alfonso e per la propaganda presso i potenziali elettori in favore del sindaco». L’inchiesta si compone di vari filoni, tra cui l’appalto per le aree di risulta e quello relativo al project financing dei cimiteri cittadini.”

Tutto caduto: dopo l’ultima udienza, due sole ore di camera di consiglio. Il collegio giudicante, presieduto da Antonella Di Carlo e formato dai giudici Paolo Di Geronimo e Nicola Colantonio. In due cartelle, smontati 25 capi di accusa, portate a conclusione 45 udienze, 50 mesi di indagini e processo. Ci sarà l’appello, naturalmente.

Adesso a Pescara pende il processo per le presunte tangenti nella sanità che, nello stesso anno, mandò a casa la giunta regionale di Ottaviano Del Turco, con arresti e nuove elezioni.