Piemonte, il Tar dice sì ai volontari anti-aborto nei consultori

Pubblicato il 10 Febbraio 2012 - 18:40 OLTRE 6 MESI FA

TORINO – Il Tar del Piemonte ha dato il via libera all’accesso nei consultori dei rappresentanti delle associazioni antiabortiste. E’ stato respinto il secondo ricorso presentato contro il provvedimento della Regione che prevede l’ingresso dei volontari pro-vita nel percorso previsto dalla legge 194 per l’interruzione volontaria di gravidanza.

A presentare il ricorso sono state l’associazione Casa delle Donne di Torino e sei giovani donne. La prima delibera della Regione che ammetteva nei consultori soltanto i volontari di sodalizi pro-vita fu annullata dal Tar nello scorso luglio. Pochi giorni dopo però la Giunta regionale ne ripropose una seconda con alcune modifiche.

La Casa delle donne di Torino con alcune donne singole e associazioni esprimono ”sconcerto” per la decisione del Tar. ”La sentenza – sottolineano – sostiene che le giovani donne non hanno interesse a ricorrere, in quanto non sono né gravide né già madri. Ci pare che questa interpretazione abbia la conseguenza di rendere la scelta della Regione non impugnabile perché i tempi dell’interruzione di gravidanza sono incompatibili con quelli per impugnare un atto amministrativo”.

”Per il Tar – aggiungono – anche la Casa delle donne non ha interesse a ricorrere, in quanto l’unica interpretazione possibile della deliberazione impugnata è quella che ammette la Casa delle donne al convenzionamento con le Asl”.    ”Ma dobbiamo constatare – dicono ancora – che per la seconda volta il Tar ha omesso di pronunziarsi proprio su quelle censure che evidenziavano la radicale illegittimità dell’ingerenza di chiunque nel percorso di Ivg e nelle strutture pubbliche. Siamo fermamente convinte che su questo punto la delibera violi sia la legge 194, sia quelle sui consultori. E rileviamo che il Tar ha completamente trascurato l’esistenza nel nostro ordinamento del diritto delle associazioni portatrici dei cosiddetti interessi diffusi (quale la Casa delle donne) a rappresentare tali interessi davanti all’autorità giudiziaria.

E ancora, concludono, ”nulla la sentenza dice in ordine alla reintroduzione, nella nuova delibera, del requisito della tutela della vita sin dal concepimento, già dichiarato illegittimo e discriminatorio nella prima sentenza”.