Processo Mediaset, pm: “Condannare Berlusconi a 3 anni e 8 mesi”

Pubblicato il 18 Giugno 2012 - 17:01 OLTRE 6 MESI FA

MILANO – I pm di Milano Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro hanno chiesto una condanna a 3 anni e 8 mesi di reclusione per Silvio Berlusconi, imputato di frode fiscale nel processo sulle presunte irregolarita’ nella compravendita dei diritti tv da parte di Mediaset.

Al termine della requisitoria nel processo milanese il pm milanese ha chiesto poi per Fedele Confalonieri, presidente di Mediaset, una condanna a 3 anni e 4 mesi di reclusione. Il pm ha chiesto anche 3 anni e 8 mesi per il produttore americano Frank Agrama. Stessa richiesta di pena per Daniele Lorenzano.

Silvio Berlusconi ”è stato all’apice della catena di comando del settore dei diritti tv fino al 1998”. E’ questa una delle ragioni per cui, secondo il pm di Milano l’ex premier deve essere condannato a tre anni e otto mesi di reclusione nel processo sulle presunte irregolarità nella compravendita dei diritti televisivi da parte di Mediaset.

Oltre ai tre anni e otto mesi per Silvio Berlusconi e ai tre anni e quattro mesi per Fedele Confalonieri, il pm di Milano Fabio De Pasquale, ha chiesto altre nove condanne per altrettanti imputati nel processo sulle presunte irregolarita’ nella compravendita dei diritti tv da parte di Mediaset che, secondo l’accusa, sarebbero stati gonfiati nei costi per creare fondi neri. In particolare, l’accusa ha chiesto la pena piu’ alta, sei anni, per Paolo Del Bue, il fondatore di Arner Bank, che e’ accusato di riciclaggio. Chiesti cinque anni per Erminio Giraudi e quattro anni per Carlo Rossi Scribani. Tre anni e otto mesi invece chiesti per Daniele Lorenzano e Frank Agrama. Il pm ha chiesto poi tre anni per Marco Colombo, Giorgio Dal Negro e Manuela De Socio. Due anni e sei mesi infine e’ stata la richiesta per Gabriella Galetto.

Quella della Procura di Milano e’ ”una richiesta assurda”. Lo scrive in una nota Silvio Berlusconi chiedendosi se durante il suo mandato da premier avesse potuto mai ”avere la voglia e il tempo di interferire in una società quotata in borsa inducendo i suoi dirigenti a eludere il fisco”.