Professori rubano scoperta dalla tesi della studentessa e lei li denuncia: condannati

Professori rubano scoperta dalla tesi della studentessa e lei li denuncia: condannati
Professori rubano scoperta dalla tesi della studentessa e lei li denuncia: condannati

ROMA – Hanno rubato la scoperta di una studentessa dalla sua tesi e l’hanno brevettata a loro nome. Per questo motivo la giovane, che si è vista scippare la scoperta dopo il duro lavoro, li ha denunciati. A finire nei guai sono quattro professori dell’università di Firenze, che dopo 11 anni di processi sono stati condannati e ora dovranno risarcire l’università. La giovane aveva chiesto ai suoi professori di inserirla tra gli autori del brevetto per il kit per la diagnosi della sclerosi multipla basato sulla sua scoperta, ma loro hanno rifiutato e così è ricorsa alle vie legali, con i tribunali che le hanno dato ragione.

Flavia Amabile sul Secolo XIX scrive che tutto inizia alla fine degli anni Novanta, quando la giovane studentessa nello scrivere la sua tesi di laurea all’università di Firenze inventa lo scrumble, un composto chimico che è in grado di individuare la sclerosi multipla e quindi di fare diagnosi precoci della malattia. A brevettare il duro lavoro di questa ex studentessa, e ora ricercatrice, è la coordinatrice della testi, Anna Maria Papini, direttrice del laboratorio di alta ricerca Peptlab che fa capo all’Università di Firenze, e i docenti Francesco Lolli, Paolo Rovero e Mario Chelli che con lei condividono il laboratorio. Nel 2001 infatti i quattro utilizzano la tesi per brevettare il MS PepKit, un kit per la diagnosi precoce di questa malattia:

“Nel 2005 la studentessa che rivendicava la titolarità della scoperta ha avanzato la prima istanza e la richiesta di vedere anche il suo nome inserito insieme con quello degli altri ricercatori. I docenti hanno risposto con un primo no, ribadito anche di fronte alla richiesta di una transazione da 90mila euro. Nel 2012 la sentenza: l’Università condannata a pagare 153mila euro. Decisione confermata anche in appello. L’ateneo non ha fatto ricorso in Cassazione e ha risarcito l’autrice della scoperta ma la Corte dei Conti ha ora deciso che a pagare dovranno essere anche i professori.

«La pervicace opposizione alle istanze e alle proposte avanzate conferiscono una connotazione di irragionevolezza alle decisioni prese» scrive la Corte dei Conti «smentite dalle perizie e dalle risultanti di ben due gradi di giudizio. Né può sottacersi, peraltro, l’apporto causale dato all’evento dannoso dall’amministrazione danneggiata, cioè l’università degli studi di Firenze, che evidentemente ha condiviso le scelte adottate nel contenzioso instauratosi con la ricercatrice. Ne consegue che (…) le somme richieste ai convenuti vanno ridotte della misura di un quinto»”.

Luigi Dei, rettore dell’Università di Firenze, ha commentato la sentenza della Corte dei Conti spiegando che ancora non ha ricevuto una notifica e resta cauto:

“«Non posso commentare una decisione che ancora non ci è stata notificata. Posso però dire che abbiamo sempre rispettato le sentenze e proceduto a fare quello che ci era stato chiesto. Ma in questi anni non siamo stati fermi, abbiamo operato per evitare che si ripetano casi simili adottando un regolamento di tutela della proprietà intellettuale dei nostri ricercatori per individuare con chiarezza gli autori delle opere dell’ingegno»”.

Gestione cookie