Dalla Chiesa 30 anni dopo. La figlia Rita: “Verrò a vivere a Palermo”

Pubblicato il 2 Settembre 2012 - 13:03 OLTRE 6 MESI FA
Rita Dalla Chiesa e la figlia Giulia (Foto Lapresse)

PALERMO – A trent’anni dall’omicidio di suo padre, il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, la figlia Rita si riappacifica con Palermo, la città che glielo portò via.

“Ci sono voluti trent’anni e mi sono decisa all’ultimo momento. Accompagnata da mia figlia Giulia che non aveva mai messo piede in questa città…”, dice al Corriere della Sera.

Proprio la figlia Giulia è viva ma poteva non esserlo: nel 1982 “aveva 11 anni ed è viva per miracolo. Perché mio padre voleva la nipotina in vacanza a Palermo: ‘Starà con Emanuela di giorno al mare, di pomeriggio in giro con la A112 (l’auto su cui viaggiava il generale il giorno dell’agguato, ndr ), la sera insieme…'”.

“No, papà. A Palermo no. Risposi no, dalla pancia. Non sapevo, ora so perché. Io credo all’istinto di una madre. Altrimenti quella sera ci sarebbe stata anche Giulia nella “A 112″. Emanuela l’avrebbe portata con sé per prendere in prefettura il nonno, per la cena all’Hotel La Torre. E sarebbero ripartiti in macchina, verso Mondello, come fecero loro due, seguiti da Russo su un’altra auto, ma ignari del commando alle spalle”.

Palremo per Rita Dalla Chiesa è molto più di una città: “Io torno qui ogni anno. Non il 3 settembre. Qui ritrovo mio padre, i sentimenti più forti. Torno per il Festino, la festa di Stata Rosalia, il 15 luglio, salgo a Montepellegrino dalla Santa per una preghierina. Mi fermo poco, ma la mia vista rimane sempre su Palermo, fra speranze e delusioni”.

Al Corriere della Sera racconta di un cartello scoperto proprio in via Carini, sotto la lapide del sacrificio: “Un cartello scritto a mano da un semplice cittadino per chiedere di “non gettare rifiuti sotto la lapide del generale”. Qualcuno continua a offendere quel luogo. Un oltraggio che stona con i palermitani onesti, con la speranza nata dal sacrificio di tanti che a volte dimentichiamo”.

Lo stesso luogo, in via Carini, dopve campeggia un’altra scritta: “Qui è morta la speranza dei palermitani onesti”.

“E mi si chiede cos’è il mio legame con Palermo… Ma quando smetterò di lavorare, questo sarà il mio posto. Io ci voglio vivere a Palermo. Bella com’è. Dico a me stessa che la speranza dei palermitani onesti non è finita. E se ci credo io…”.