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Roma, sequestrata discarica Roncigliano ad Albano Laziale: qui mille tonnellate di rifiuti al giorno dalla Capitale

Sequestrata la discarica di Roncigliano ad Albano Laziale, alle porte di Roma. Il decreto di sequestro preventivo è stato disposto dal Tribunale di Velletri ipotizzando una illegittima gestione dell’impianto per assenza di un presupposto essenziale per l’autorizzazione regionale.

Sequestrata discarica di rifiuti di Albano. Roma resta senza sbocchi

Nella discarica di Albano Laziale, la Capitale conferisce circa 1000 tonnellate di rifiuti indifferenziati al giorno. La discarica era stata riaperta da un’ordinanza dell’ex sindaca Virginia Raggi la scorsa estate, per risolvere l’ennesima emergenza rifiuti, e il sindaco Roberto Gualtieri l’ha prorogata lo scorso gennaio per altri sei mesi, tra le proteste delle associazioni ambientaliste e comitati di zona. Ora il rischio è che per Roma, in assenza dello sbocco ai Castelli, si riaffaccino nuove criticità. 

L’assessora Sabrina Alfonsi rassicura: “Il provvedimento disposto dal Tribunale di Velletri sulla discarica di Albano non mette in discussione nè l’ordinanza del sindaco Gualtieri, nè fa riferimento a problematiche ambientali del sito, ma la presunta mancanza di una tipologia di fideiussione. Siamo già al lavoro per trovare gli sbocchi necessari per questi giorni e per non disperdere il lavoro fatto in questi mesi. Ci auguriamo che la vicenda possa essere chiarita già nei prossimi giorni”.

I motivi del sequestro

Tornando alle ragioni del sequestro, i giudici ipotizzano l’assenza delle garanzie finanziarie poste a presidio di salvaguardia ambientale del sito durante tutto il periodo successivo alla sua fase di operatività, durante la quale una parte del compenso corrisposto al gestore per il conferimento dei rifiuti è prevista, appunto, per assicurare tale adempimento “postumo”. Senza quelle garanzie, in caso di cessazione sopravvenuta dell’impresa che gestisce la discarica, intervenuta a qualsiasi titolo e ben possibile nell’arco di 30 anni, i costi ambientali di manutenzione post mortem dovrebbero inevitabilmente ricadere su soggetti pubblici a livello territoriale, nonostante l’avvenuto incameramento preventivo delle necessarie risorse economiche ad opera del privato. 

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