Rosarno. Operazione contro “caporalato”, 31 arresti e beni sequestrati

Pubblicato il 26 Aprile 2010 - 08:11 OLTRE 6 MESI FA

Coinvolte 31 persone, accusate a vario titolo di associazione per delinquere, violazione della legge sul lavoro e truffe nel settore dell’agricoltura, sequestrati 20 aziende e 200 terreni, per un valore complessivo di circa 10 milioni di euro. E’ questo per il momento il bilancio dell’operazione Migrantes compiuta lunedì mattina a Rosarno  contro il racket dello sfruttamento e della riduzione in schiavitù degli immigrati in agricoltura.

Nel dettaglio 9 persone sono state arrestate e portate in carcere,  21 sono invece detenute ai domiciliari e una è stata sottoposta all’obbligo di dimora. Tra le persone destinatarie dell’ordinanza di custodia cautelare ci sono anche alcuni extracomunitari. Tre di questi sono stati rintracciati ed arrestati nelle province di Caserta, Catania e Siracusa dove si erano trasferiti dopo la rivolta avvenuta a Rosarno. Le indagini, coordinate dalla Procura di Palmi, hanno portato alla luce un sistema di caporalato collocamento illegale di manodopera clandestina destinata ai lavori in agricoltura. E’ stata individuata una fitta rete di ‘caporali’ che procurava illegalmente lavoro agli immigrati ed allo stesso tempo sono state identificate anche le aziende agricole che utilizzavano la manodopera straniera sottopagandola.

Poco prima degli arresti, hanno precisato le autorità giudiziarie nel corso della conferenza stampa per illustrare gli esiti dell’operazione ‘Migrantes’, un carabiniere è stato ferito di striscio alla mano nel corso di tafferugli tra un gruppo di cittadini bulgari e dei rosarnesi.

Il colpo che ha ferito il militare è stato sparato da un’arma ad aria compressa. L’episodio è avvenuto, secondo quanto si è appreso, prima che venissero eseguite le ordinanze di custodia cautelare. Alcuni cittadini bulgari residenti a Rosarno sarebbero coinvolti nell’operazione ‘Migrantes’ e avrebbero svolto il ruolo di caporali.

L’operazione è partita nel gennaio scorso, dopo la rivolta degli extracomunitari impegnati nella raccolta degli agrumi, ed è condotta da agenti della squadra mobile di Reggio Calabria, dai carabinieri e dai militari della guardia di finanza contestualmente.

Nel corso delle indagini gli investigatori hanno compiuto accertamenti patrimoniali nei confronti degli indagati ed hanno potuto ricostruire la quantità di beni mobili ed immobili ritenuti frutto di illecito arricchimento e soprattutto funzionale alla realizzazione delle condizioni di impiego di manodopera in nero. Sono state scoperte anche numerose presunte truffe compiute nei confronti degli enti previdenziali. Appena 22 euro al giorno la paga media: 1 euro a cassetta per la raccolta dei mandarini e 50 centesimi per le arance. E ai caporali una cresta di 10 euro su ogni lavoratore.

Gli investigatori hanno individuato una presunta organizzazione che si occupava di reclutare e sfruttare i lavoratori stranieri impiegati nel settore dell’agricoltura. Tra i destinatari dei provvedimenti restrittivi ci sono sia italiani che extracomunitari. Le indagini hanno confermato che alla base delle proteste e degli episodi di violenza vi erano le condizioni di assoluta subordinazione in cui versavano gli immigrati finiti nelle mani di persone che li costringevano a lavorare in condizioni inique. Gli immigrati, inoltre, avrebbero subito anche ripetute minacce. I lavoratori extracomunitari erano costretti, infatti, a lavorare mediamente dalle 12 alle 14 ore al giorno ricevendo un compenso di una decina di euro al giorno. Gli extracomunitari che si ribellavano subivano ritorsioni e minacce. La rivolta di Rosarno, infatti, fu determinata proprio dal ferimento a colpi d’arma da fuoco di due lavoratori extracomunitari.

Era il sette gennaio scorso quando due extracomunitari furono feriti a Rosarno con colpi d’arma da fuoco. Fu questo episodio a dare inizio alla rivolta degli immigrati impegnati nella raccolta degli agrumi nelle campagne della piana di Gioia Tauro. Centinaia di auto furono distrutte, cassonetti divelti e svuotati sull’asfalto, ringhiere di abitazioni danneggiate. Queste scene di guerriglia urbana proseguirono per diversi giorni. Alla protesta degli immigrati ci fu la reazione dei residenti di Rosarno che decisero di scendere in piazza per una controrivolta.

Furono vissuti giorni terribili con una tensione altissima tra italiani e stranieri che si fronteggiavano lungo le strade. Al termine degli scontri il bilancio fu di 53 persone rimaste ferite nel corso della guerriglia urbana. Tra i feriti 21 furono immigrati, 14 italiani, 10 agenti di polizia e 8 carabinieri. I circa 2.500 immigrati, sparsi tra Rosarno e paesi limitrofi, vivevano in condizioni disumane in fabbriche abbandonate come quella dell’ex Opera Sila e della ‘Rognetta’ oppure occupavano casolari abbandonati. Per rifugiarsi avevano realizzato delle capanne di cartone. Dopo la rivolta ci fu il trasferimento degli immigrati in strutture di accoglienza. 440 stranieri furono portati nel Cpa di Crotone e 269 in quello di Bari. A questi si aggiunsero altre centinaia di immigrati che si sono allontanarono da Rosarno con mezzi propri.

Le condizioni di vita e di lavoro, i tentativi di estorsione e lo sfruttamento degli immigrati di Rosarno sono raccontate in un dossier “Arance insanguinate – Dossier Rosarno” realizzato dall’Associazione Onlus daSud e da Stopndrangheta.it.

Il dossier, curato da Danilo Chirico e Alessio Magro, ricostruisce l’inferno di Rosarno dai primi articoli apparsi nel 2006 fino ai drammatici fatti del gennaio 2010, passando in rassegna reportage e documenti ufficiali che inchiodano ciascuno alle proprie responsabilità. I fatti vengono ricostruiti attraverso una raccolta di analisi, articoli, testi, fotografie sui fatti di Rosarno, disponibile anche in versione telematica su www.stopndrangheta.it.

Tra il materiale raccolto ci sono anche testimonianze sulle proteste antirazziste di associazioni e movimenti (il manifesto “Troppa (in)tolleranza e nessun diritto”, il “No-mafia day”), la reazione del teatro italiano (“Nei ghetti d’Italia questo non è un Uomo”), l’apporto del mondo culturale (i libri di Antonello Mangano e Carlo Rovelli) e universitario (il manifesto antirazzista dell’Università della Calabria).

Non è stata tralasciata l’esistenza di una Rosarno coraggiosa e civile, con molte testimonianze dell’ ex sindaco ed ex deputato del Pci Peppino Lavorato.