Salini, sospetto Porsche sabotata: quelle minacce a casa sua

Salini, sospetto Porsche sabotata: quelle minacce a casa sua
Salini, sospetto Porsche sabotata: quelle minacce a casa sua

ROMA – Tra pochi giorni avrebbe dovuto testimoniare a un processo per estorsione. Si tinge di giallo la morte dell’imprenditore romano Claudio Salini, schiantatosi domenica sera con la sua Porsche sulla Cristoforo Colombo a Roma. Il sospetto è che la sua auto possa essere stata sabotata. Al momento è soltanto uno scrupolo, ma comunque sufficiente da indurre gli investigatori ad andare a guardare nei tabulati telefonici del costruttore quarantenne. Cercano di capire con chi abbia parlato prima di salire in macchina quella sera o durante il tragitto. E se in quella telefonata possa essere stato minacciato.

Di minacce fino dentro casa sua ne aveva già ricevute. Da parte di tre casertani che aveva fatto arrestare, con la sua denuncia, alla fine dello scorso anno e contro i quali avrebbe dovuto testimoniare al processo del prossimo 16 settembre. Personaggi considerati dagli investigatori vicini alla camorra e che pretendevano un risarcimento di 1,8 milioni di euro per un sub appalto al polo museale di Bergamo e al nuovo centro affari di Arezzo finito in contenzioso. Il terzetto aveva, secondo gli inquirenti, anche organizzato un sequestro lampo del costruttore.

Valeria Costantini sul Corriere della Sera riporta i virgolettati di alcune conversazioni intercorse tra i tre campani arrestati:

“A casa di quello (Claudio Salini, ndr.) dobbiamo andare con le pistole… Ci vogliono i napoletani, tutti ragazzi di 18, 20 anni… So ragazzi non ci pensano due volte quelli delle palazzine”.

La denuncia da parte di Salini era scattata un anno fa, dopo che di fronte al suo ufficio si era presentato Federico Laugeni, il subappaltatore casertano che Salini aveva accusato per “inadempienze e “truffa”, accompagnato da altri due uomini: “Uno tirò su le maniche della felpa mostrando gli avambracci con tatuaggi tipici dei galeotti”, denunciò l’imprenditore. L’altro gli avrebbe detto: “Questi signori mi sono venuti a prendere di notte, minacciandomi che se non li ripago taglieranno la testa prima a me e poi a te”. I suoi accompagnatori erano Luigi Cice, 45 anni piccolo imprenditore di Marcianise (nelle carte un’accusa di peculato), e Gennaro Pisano, barista, 40 anni di Afragola. In realtà, secondo gli investigatori, era stato proprio Laugeni a ordire il piano estorsivo. In altre intercettazioni, riportate dal Corriere, si sente dire: “Gli facciamo una rutta di ossa” (Gli spezziamo le ossa, ndr.). Nonché minacce ai familiari dell’imprenditore: “Una paliata” al fratello. 

Al momento non ci sono elementi che collegherebbero quelle minacce allo schianto di domenica sera. L’ipotesi dell’incidente resta la più probabile. Ma l’avvocato della famiglia Salini non vuole lasciare spazio a dubbi e ha chiesto una perizia sui resti della Porsche 911 acquistata un mese fa e che Salini aveva lasciato nel complesso residenziale in cui abitava prima di partire con la famiglia in vacanza. Saranno analizzate anche le immagini di videosorveglianza del residence per valutare l’ipotesi del sabotaggio. Così come quelle delle numerose telecamere puntate sulla Cristoforo Colombo.

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