ROMA – Slitta a domani, 21 febbraio, la decisione sull’omicidio di Sarah Scazzi, la quindicenne uccisa ad Avetrana (Taranto) il 26 agosto 2010. Al termine del dibattimento il presidente della Prima sezione penale ha rinviato i presenti alle ore 10. A quell’ora sarà data una nuova comunicazione, con il verdetto del processo o con l’ulteriore protrarsi dei tempi della Camera di consiglio.
La prima sezione penale della Cassazione è chiamata a decidere se confermare o meno la sentenza di condanna all’ergastolo per la zia Cosima Serrano e la cugina Sabrina Misseri.
Madre e figlia sono accusate di aver strangolato la ragazza, il cui corpo sarebbe poi stato nascosto da Michele Misseri, marito e padre, a sua volta condannato a 8 anni per occultamento di cadavere, ma che, dopo aver cambiato versione innumerevoli volte, continua ad autoaccusarsi dell’omicidio della nipote.
Oltre a Cosima e Sabrina, la Cassazione dovrà vagliare la posizione di Carmine Misseri, fratello di Michele, condannato a 5 anni e 11 mesi per soppressione di cadavere. Meno gravi le responsabilità di Vito Russo, l’ex legale di Sabrina Misseri condannato a un anno e quattro mesi in appello (due anni in primo grado), e di Giuseppe Nigro, condannato fin dal primo grado alla stessa pena, entrambi per favoreggiamento.
Il giorno della scomparsa, Sarah aveva appuntamento per un’amica per andare al mare, ma non si presentò. A far ritrovare il corpo della ragazza in un pozzo, 42 giorni dopo, fu proprio Michele Misseri, che confessò di aver ucciso la nipote. Una versione ritratta poi alcuni giorni dopo, quando il contadino di Avetrana chiamò in causa sua figlia Sabrina. Misseri si è poi dichiarato colpevole, ma le indagini avevano preso un altro corso.
Secondo la Procura generale della Cassazione sono da confermare i due ergastoli inflitti a Sabrina Misseri e Cosima Serrano. L’accusa ha chiesto il rigetto dei ricorsi di tutti gli imputati, anche di Michele e Carmine Misseri, accusati della soppressione del cadavere della ragazzina.
Ricostruendo l’accaduto il magistrato ha sottolineato che il cadavere “è stato calato in un luogo impervio, una pozza piena d’acqua che ne avrebbe facilitato il deperimento”, a dimostrazione della volontà originaria di celare e distruggere per sempre il cadavere, salvo poi ripensarci e farlo ritrovare. Complementare a questo disegno, secondo la Procura generale della Cassazione, è stata l’azione di aver bruciato i vestiti della quindicenne. Il procuratore generale ha sottolineato che per questo è ben motivato il diniego da parte del tribunale di Taranto di negare le attenuanti generiche.
Allo stesso modo l’accusa ha chiesto la conferma della condanna a 5 anni e 11 mesi per Carmine Misseri, il fratello di Michele cui, secondo i giudici di merito, quest’ultimo chiese aiuto per sopprimere il corpo di Sarah. Da solo, ha sottolineato il procuratore generale, “non sarebbe riuscito a sollevare il masso che ricopriva il pozzo, denudare il corpo, calarlo nel pozzo e bruciare i vestiti”. Il procuratore ha poi sottolineato il rapporto quasi simbiotico fra i due “fratelli e amici”. La Procura generale ha anche chiesto il rigetto dei ricorsi di Vito Russo e Giuseppe Nigro, condannati nelle sentenze di merito per favoreggiamento.