Stefano Cucchi, intercettazione choc del carabiniere: “Magari morisse. Sono ore che ci sbattiamo con lui”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 24 Ottobre 2018 - 20:30| Aggiornato il 25 Ottobre 2018 OLTRE 6 MESI FA
Caso Cucchi, intercettazione choc del carabiniere: "Magari morisse. Mortacci sua" (foto Ansa)

Caso Cucchi, intercettazione choc del carabiniere: “Magari morisse. Mortacci sua” (foto Ansa)

ROMA – “Magari morisse, li mortacci sua”. Così un carabiniere, che stando agli atti depositati sarebbe Vincenzo Nicolardi (imputato per calunnia nel processo davanti alla prima corte d’Assise), parlando di Stefano Cucchi con il capoturno della centrale operativa del comando provinciale in una delle intercettazioni avvenute tra le 3 e le 7 del mattino del 16 ottobre del 2009, ovvero il mattino dopo l’arresto. L’intercettazione è riportata dalle agenzie di stampa ed è contenuta nelle carte depositate oggi dall’accusa  alla I Corte d’Assise del Tribunale di Roma.

Nella conversazione si fa  riferimento alle condizioni di salute di Cucchi, arrestato la sera prima: “Mi ha chiamato Tor Sapienza – dice il caportuno della centrale operativa -. Lì c’è un detenuto dell’Appia, non so quando ce lo avete portato, se stanotte o se ieri.  E’ detenuto in cella e all’ospedale non può andare per fatti suoi”. Il carabiniere risponde: “E’ da oggi pomeriggio che noi stiamo sbattendo con questo qua”.

Sempre secondo le carte depositate oggi dall’accusa emerge che il 30 ottobre del 2009, otto giorni dopo la morte di Stefano Cucchi, ci fu una riunione al comando provinciale dei Carabinieri a cui parteciparono i vertici di allora e tutti i militari che avevano avuto un ruolo nella vicenda. “Un incontro tipo quelli degli alcolisti anonimi”, ha affermato al telefono il luogotenente Massimiliano Colombo, indagato nel nuovo filone sul falso, in una intercettazione del settembre scorso depositata oggi dal pm Giovanni Musarò nel processo a carico di cinque carabinieri. Parlando con il fratello al telefono, Colombo afferma: “il 30 ottobre, la mattina ero di pattuglia con Colicchio. Soligo mi chiama, mi chiede ‘fammi subito un appunto perché poi dobbiamo andare al comando provinciale perchè siamo stati tutti convocati ‘cioè tutti coloro dall’arresto di Cucchi a chi lo aveva tenuto in camera di sicurezza. Ci hanno convocato perché all’epoca il generale Tomasone, che era il comandante provinciale, voleva sentire tutti quanti. Abbiamo fatto tipo, hai visto ‘gli alcolisti anonimi’ che si riuniscono intorno ad un tavolo e ognuno racconta la sua esperienza, così abbiamo fatto noi quel giorno dove però io non ho preso parola perché non avevo fatto nessun atto e non avevo fatto nulla”‘.