“L’Aquila tre anni dopo: tutto uguale”, il racconto di Rizzo e Stella

Pubblicato il 7 Marzo 2012 - 11:13 OLTRE 6 MESI FA

Lapresse

L’AQUILA – Son passati quasi tre anni da quel 6 aprile 2009, quando uno spaventoso terremoto scosse l’Abruzzo, distruggendo praticamente L’Aquila. Oggi, appunto dopo tre anni, tutto è bloccato. Quartieri storici restaurati: zero. Palazzetti antichi restaurati: zero. Chiese restaurate: zero. Tutto fermo, tutto tace. A raccontare lo stallo della tanto osannata “ricostruzione” aquilana ci hanno pensato, in un suggestivo articolo, Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella per il Corriere della Sera.

Le gonne appese alle grucce degli armadi spalancati nelle case sventrate, i libri caduti da scaffali in bilico sul vuoto, le canottiere che, stese ad asciugare su fili rimasti miracolosamente tesi, sventolano su montagne di detriti e incartamenti burocratici. Decine e decine di ordinanze, delibere, disposizioni, puntualizzazioni, rettifiche e precisazioni che ammucchiate l’una sull’altra hanno fatto un groviglio più insensato e abnorme di certe spropositate impalcature di tubi innocenti e snodi e raccordi che a volte, più che un’opera di messa in sicurezza, sembrano l’opera cervellotica di un artista d’avanguardia. 

Ti avventuri per le strade immaginandoti un frastuono di martelli pneumatici e ruspe e betoniere e bracci di gru che sollevano cataste e carriole che schizzano febbrili su e giù per le tavole inclinate. Zero. O quasi zero. Tutto bloccato. Paralizzato. Morto. Come un anno fa, come due anni fa, come tre anni fa. Come quando la protesta del popolo delle carriole venne asfissiata tra commi, virgole e codicilli.

A questo punto Rizzo e Stella riportano i conti, i soldi spesi per il G8 aquilano e i fondi stanziati per quella che finora appare come una”ricostruzione fantasma”. Si sa quanto fu speso per gli accappatoi dei Grandi nei tre giorni del G8: 24.420 euro. Quanto per ciascuna delle «60 penne in edizione unica» di Museovivo: 433 euro per un totale di 26.000. Quanto per 45 ciotoline portacenere in argento con incisioni prodotte da Bulgari per i capi di Stato: 22.500 euro, cioè 500 a ciotolina. Quanto per la preziosa consulenza artistica di Mario Catalano, lo scenografo di Colpo grosso chiamato a dare un tocco di classe, diciamo così, al summit: 92 mila euro. Quanto è stato speso in tutto, però, come detto, non lo sanno ancora neanche gli esperti («Avremo le idee chiare a metà marzo», confida Barca) messi all’opera da Monti.

Intanto il cuore antico dell’Aquila agonizza. E con L’Aquila agonizzano i cuori antichi di Onna e Camarda e gli altri centri annientati dalla botta del 6 aprile 2009. Ridotti via via, dopo le fanfare efficientiste del primo intervento («Nessuno al mondo è stato mai così veloce nei soccorsi!») a un problema «locale». Degli abruzzesi. E non una scommessa «nazionale». Collettiva. Sulla quale si gioca la capacità stessa dello Stato di dimostrarsi all’altezza. In grado di sanare le ferite prima che vadano in putrefazione. Chiusa la fase dell’emergenza l’Abruzzo è piombato nel dimenticatoio. Come se la costruzione a tempo di record e al prezzo stratosferico di 2.700 euro al metro quadro dei Complessi antisismici sostenibili ecocompatibili, le famose C.a.s.e. dove sono state trasportate 12.999 persone, avesse risolto tutto. «Adesso tocca agli enti locali», disse Berlusconi. E dopo il G8 e la passeggiata con Obama non si è praticamente più visto. Rarissime pure le apparizioni di altri politici. Mentre il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ci metteva come al solito una pezza: tre visite. 

Chiusa la fase dell’emergenza l’Abruzzo è piombato nel dimenticatoioCome se la costruzione a tempo di record e al prezzo stratosferico di 2.700 euro al metro quadro dei Complessi antisismici sostenibili ecocompatibili, le famose C.a.s.e. dove sono state trasportate 12.999 persone, avesse risolto tutto. «Adesso tocca agli enti locali», disse Berlusconi. E dopo il G8 e la passeggiata con Obama non si è praticamente più visto. Rarissime pure le apparizioni di altri politici. Mentre il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ci metteva come al solito una pezza: tre visite. Cos’è rimasto, spenti i riflettori, di quella generosa esibizionemuscolare sulla capacità di «fare bene, fare in fretta»? Le cose fatte nei primi mesi. La riluttanza di Giulio Tremonti ad aprire i cordoni della borsa. L’addio di Guido Bertolaso. La disaffezione del Cavaliere che, osannato dalle tivù amiche per le prime case donate a fedeli in delirio, si è via via disinteressato del centro storico, che secondo la «leader delle carriole » Giusi Pitari avrebbe visto «solo due volte, nei primi due giorni». Resta una rissa continua, estenuante, sul cosa fare «dopo».

Travasata via via nelle campagne elettorali per le provinciali, per le europee e oggi per le comunali. Di qua la destra, di là la sinistra. Di qua il governatore berlusconiano Giovanni Chiodi, commissario straordinario per la ricostruzione, di là il sindaco democratico del capoluogo (ora ricandidato dopo le primarie) Massimo Cialente. Il primo picchia sul secondo: «Lo stallo è frutto della saldatura di interessi locali, dai professionisti alle imprese, che hanno sbarrato la porta a competenze esterne. Avevo raccolto le disponibilità di un trust di cervelli bipartisan, da Paolo Leon a Vittorio Magnago Lampugnani, ma non li hanno voluti. Un atto di arroganza. Il fatto è che la politica locale non ha esercitato la leadership».