Afghanistan, ucciso l’alpino Matteo Miotto. In una lettera scriveva: “Qui ogni metro potrebbe essere l’ultimo”

Pubblicato il 1 Gennaio 2011 - 12:06 OLTRE 6 MESI FA

Colpito a morte da un cecchino, mentre era di guardia in una base avanzata nel distretto di Gulistan, nell’ovest dell’Afghanistan. E’ morto così il caporal maggiore Matteo Miotto, 24 anni, veneto di Thiene, in forza al 7/o reggimento alpini di Belluno. I fatti si sono verificati alle 15 (ora locale) nella base avanzata ‘Snow’, un avamposto italiano nella insidiosissima valle del Gulistan, al confine con la provincia ad alta densità talebana di Helmand.

Un’area che gli italiani hanno preso in consegna solo la scorsa estate dai soldati statunitensi (la task force italiana South west è operativa dall’1 settembre) e dove gli attacchi sono continui: è lì che il 9 ottobre scorso altri quattro alpini rimasero uccisi nell’esplosione di un ordigno. Miotto, che si trovava in Afghanistan da luglio e sarebbe tornato in Italia a fine gennaio, era in servizio all’interno della base avanzata, a quanto pare su una garitta, quando il proiettile di un cecchino lo ha centrato a un fianco, una parte del corpo lasciata scoperta dal giubbetto, raggiungendo organi vitali.

Il giovane alpino, subito soccorso, non è morto subito, ma la lesione si è rivelata gravissima e non c’è stato nulla da fare. Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, ha confermato che ”il nostro soldato è stato colpito da un solo colpo in uno dei punti scoperti sia da protezioni fisse che personali: quindi una tragica e drammatica fatalità, che fa ancora più rabbia”. Una ‘fatalità’ che lo stesso Miotto aveva messo in conto quando, all’indomani dell’attentato in cui morirono i suoi quattro compagni del 7/o reggimento, scriveva: ”Siamo il primo mezzo della colonna, ogni metro potrebbe essere l’ultimo, ma non ci pensi. La testa è troppo impegnata a scorgere nel terreno qualcosa di anomalo, finalmente siamo alle porte del villaggio… Veniamo accolti dai bambini che da dieci diventano venti, trenta, siamo circondati, si portano una mano alla bocca ormai sappiamo cosa vogliono: hanno fame…”.

Con la morte di Miotto il 2010 si conferma l’anno più nero per i militari italiani in Afghanistan: 13 le vittime, su un totale di 35 caduti dall’inizio della missione, nel 2004. Unanime il cordoglio del mondo politico e delle massime cariche dello Stato. Il presidente Giorgio Napolitano, appresa con ”profonda commozione la notizia dell’attacco terroristico” nel quale è morto il giovane alpino, ha espresso ai familiari sentimenti di ”affettuosa vicinanza e sincera partecipazione al loro grande dolore, rendendosi interprete del profondo cordoglio del Paese”. La salma di Miotto sarà rimpatriata l’1 gennaio. Lunedì 3 sono in programma i funerali a Roma, martedì 4 la cerimonia funebre a Thiene.