L’Australia torna su un caso del 1980. Azaria fu rapita da un dingo?

Pubblicato il 20 Dicembre 2011 - 09:56 OLTRE 6 MESI FA

AYERS ROCK (AUSTRALIA) – Riaperto dopo 31 anni il caso della piccola Azaria Chamberlain, scomparsa il 17 agosto 1980 mentre era al campeggio con i genitori nel parco di Ayers Rock, in Australia. La madre, Lindy, ha sempre sostenuto che la figlia di appena 9 settimane fosse stata portata via da un dingo. Ma la magistratura per molto tempo ha sospettato che la piccola fosse stata uccisa dai genitori.

La sera del 17 agosto 1980 la famiglia Chamberlain si apprestava a consumare la cena quando si udì un grido dall’area in cui avevano piantato le canadesi, nel parco di Ayers Rock. La madre Lindy, accorsa alla tenda nella quale dormiva Azaria, scoprì che la bambina non c’era più e lanciò subito l’allarme. Il sospetto è che un dingo, segnalato anche da altri turisti nella zona, abbia rapito la neonata. Ma le ricerche non danno alcuna traccia dell’animale e il procuratore, in seguito ad alcuni prelievi della scientifica sugli abitini di Azaria, si convince che sono stati i genitori a compiere il delitto.

Il 29 ottobre 1982 la madre fu condannata all’ergastolo, pena sospesa per il marito. Ma nel 1986 arriva il colpo di scena: alcune squadre di soccorso in cerca di un turista disperso nella zona di Ayers Rock lo hanno ritrovato senza vita nei pressi di un canalone pieno di tane di dingo. Sempre lì ritrovano anche una tutina, quella che indossava Azaria la sera della scomparsa. Immediata la liberazione della madre Lindy e il suo proscioglimento nel 1988. La famiglia Chamberlain però è stata fatta a pezzi, una tragedia raccontata anche nel film Cry in the dark con Meryl Streep.

Ora il padre della piccola Azaria, Michael, chiede che sia scritto anche nel fascicolo giudiziario dove si parla ancora di “causa di morte non determinata”. A dare ragione ai genitori della neonata ci sono una serie di episodi che danno credito alla pista del dingo: a partire dagli anni 90 sono stati segnalati numerosi attacchi nei confronti di minori. Il nuovo verdetto, oltre a ridare piena giustizia ai Chamberlain, potrebbe finalmente spiegare quel pianto che ha dato il nome al film di Fred Schepisi.