Iniziato il conclave, chiusa la Cappella Sistina. I papabili: Scola, Ouellet, Dolan e Scherer

Pubblicato il 12 Marzo 2013 - 11:17| Aggiornato il 23 Settembre 2022 OLTRE 6 MESI FA

CITTÀ DEL VATICANO – Il maestro delle Celebrazioni ha ordinato l’Extra Omnes: ha chiuso la porta della cappella Sistina, dando così il via ufficiale al conclave che eleggerà il successore di papa Benedetto XVI.

Hanno giurato tutti i 115 cardinali elettori: serve il voto di 77 di loro per dare un volto al prossimo Pontefice. Entrando nella Cappella al canto delle Litanie, con indosso l’abito corale (veste rossa, il rocchetto, la mozzetta e la berretta), i cardinali si sono inchinati dinanzi all’altare, sotto l’affresco michelangiolesco del Giudizio Universale.

I cerimonieri e i cantori della Sistina hanno accompagnato il rito trasmesso dal Ctv alle tv di tutto il mondo. Prima l’introduzione del celebrante, il cardinale Giovanni Battista Re, poi la processione dietro la croce. Seri e tesi i volti durante l’ingresso nella Cappella dove si apprestano a scegliere il nuovo Papa; cantano il ‘Veni creator’ con i libretti tremolanti tra le mani. Solo alla fine un porporato asiatico allenta la tensione e si lascia andare in uno sbadiglio.

Accanto al cardinale Giovanni Battista Re, il primo dell’ordine dei vescovi, c’è mons. Francesco Camaldo, cerimoniere pontificio e “angelo custode” che gli regge il testo da leggere e gli indica il giusto posto nella Sistina quando sta per sbagliare “strada”.

Il canto in latino è un’unica voce ma il giuramento fatto da ciascuno dei 115 “elettori” tradisce le provenienze e la lingua di Cicerone è declamata con l’accento spagnolo, tedesco, inglese. Asiatici, africani, europei, parlano nella stessa lingua della Chiesa ma con tanti accenti. Quasi un’emblema della complessità della vita della Chiesa universale.

Giurano con la mano destra poggiata sul Vangelo, in rigoroso ordine legato al loro “ordine” cardinalizio e all’anzianità; stessa disposizione nella quale sono seduti dietro alle quattro file di tavoli nella Sistina.

Vanno a giurare prima i cardinali dell’ordine dei vescovi: Giovanni Battista Re, il camerlengo Tarcisio Bertone, Antonios Naguib e Bechara Rai. A seguire gli altri, i presbiteri e i diaconi. Gli ultimi sono Giuseppe Versaldi e James Michael Harvey.

Presente ai riti anche mons. Georg Gänswein, segretario del Papa emerito ma qui nella veste di Prefetto della Casa pontificia. Il cardinal Ivan Dias cammina a fatica con il bastone ma fa questo sforzo solo per giurare; durante il canto solenne del ‘Veni Creator’ è costretto a stare seduto. Karl Lehmann si aiuta con la stampella. Il cardinale africano Anthony Okogie fa la processione sulla sedia a rotelle, accompagnato da un cerimoniere, ma poi riesce a giurare in piedi. Molti i cardinali che poggiano subito la mano destra sul Vangelo.

L’italiano Angelo Scola è uno dei pochi che osserva la liturgia alla lettera e mette la mano sul Libro all’ultimo momento pronunciando ””Sic me Deus adiuvet et haec Sancta Dei Evangelia quae manu mea tango”, “Così Dio mi aiuti e questi Santi Evangeli che tocco con la mia mano”.

Alla fine il Maestro delle Celebrazioni liturgiche, mons. Guido Marini, con la sua voce tutt’altro che robusta, “intima”, ma sarebbe meglio dire “invita” ad uscire fuori. È l’Extra Omnes. Poi, dopo che prelati di curia, cerimonieri, uomini della comunicazione vaticana sono usciti verso la sala Ducale e le logge, monsignor Marini ha chiuso il grande portone di legno della Sistina. Comincia il conclave.

“Entro in Conclave con dei nomi in testa”: lo ha detto il cardinale Timothy Dolan in una intervista lampo al Catholic Channel della radio satellitare Sirius XM. L’arcivescovo di New York ha paragonato la decisione che aspetta lui e gli altri cardinali elettori a “un microcosmo della vita”. È lo sforzo – ha detto – di fare la cosa giusta in conformità con la volontà di Dio”.

I papabili. L’italiano, il canadese, l’americano e il brasiliano. Al conclave quattro nomi favoriti per diventare il nuovo Papa. Gli stessi che apparivano più “papabili” fin dal momento della rinuncia di Benedetto XVI, un mese fa. A cominciare dal cardinale Angelo Scola, 70 anni, arcivescovo di Milano, che gode di un forte sostegno fra gli europei e per il quale negli ultimi giorni hanno lavorato gli “ambasciatori”, come il cardinale di Bologna Carlo Caffarra, impegnati a recuperare consensi anche fra i connazionali. Si arriva a calcolare sia cresciuto da una trentina a 45-50 voti potenziali.

Nel primo scrutinio al nome di Scola si aggiungeranno almeno altri tre papabili: il canadese Marc Ouellet, teologo “raztingeriano” come Scola, uno dei tre statunitensi più in vista, Timothy Dolan e il brasiliano Odilo Pedro Scherer, arcivescovo di San Paolo, il candidato latinoamericano che è sostenuto anche dal “partito” molto influente dei diplomatici.

Ma occhio agli “outsider”. Se giovedì la fumata bianca si facesse ancora attendere infatti potrebbero spuntare altri nomi. In caso di stallo potrebbero essere votati altri cardinali considerati papabili dagli stessi confratelli e che hanno fatto ottima impressione durante le congregazioni: il messicano Francisco Robles Ortega, l’ungherese Peter Erdo, l’austriaco Christoph Schönborn, gli italiani Gianfranco Ravasi e Angelo Bagnasco. In Asia ci sono il giovane filippino di madre cinese Luis Antonio Gokim Tagle, 55 anni, il cardinale John Tong Hon, vescovo di Hong Kong. Per l’Africa più che il ghanese Peter Turkson sale Robert Sarah, 67 anni, guineano di Curia.