Congo, strage di caschi blu dell’Onu: 14 morti e 40 feriti

di Redazione Blitz
Pubblicato il 8 Dicembre 2017 - 18:47 OLTRE 6 MESI FA
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Congo, strage di caschi blu dell’Onu: 14 morti e 40 feriti

ROMA – In Congo ribelli islamici hanno attaccato una base di Caschi blu dell’Onu uccidendo almeno 14 militari, e ferendone altri 53, nel più sanguinoso attacco mai subito da una missione di pace delle Nazioni unite nella storia recente. Ad essere attaccata nel nord-est del Paese è una base operativa della “Monusco”, la Missione delle Nazioni Unite per la stabilizzazione della Repubblica Democratica del Congo.

I caschi blu uccisi sono per lo più tanzaniani, ma a morire sono stati anche almeno cinque soldati congolesi, ha precisato un portavoce dell’Onu. La base si trova a Semuliki, nel Nord-Kivu, e lo scontro a fuoco è durato quattro ore. Il segretario generale delle Nazioni unite, Antonio Guterres, nel definirlo un crimine di guerra, ha affermato che è stato “il peggior attacco contro i caschi blu nella storia recente dell’Onu”. Un comunicato della Monusco ha sostenuto che ad attaccare sono stati “sospetti elementi Adf”. Il riferimento è una milizia musulmana composta da ribelli ugandesi attiva sin dagli anni Novanta ma divenuta di recente il maggior pericolo della regione sebbene non avrebbe legami con formazioni jihadiste africane.

La milizia musulmana ‘Alleanza delle forze democratiche ‘(Adf) punta ad abbattere il presidente del confinante Uganda, Yoweri Museveni, ma ormai sono un nuovo problema per il Congo, un gigante vasto come l’Europa occidentale ed estremamente pericoloso: dal suo arrivo nel 1999, la Monusco ha già perso quasi 300 uomini. Il Congo con capitale Kinshasa, già Zaire e “ex-belga” per distinguerlo dalla quasi omonima e confinante repubblica del Congo e ricordare il brutale colonialismo di cui fu vittima fino al 1960, ha un sottosuolo ricchissimo e per questo scatena sanguinosi conflitti.

Una serie di guerre regionali si erano concluse una quindicina di anni fa ed erano state devastanti: tra il 1996 e il 2003, nell’est del Paese, soprattutto di fame e malattie morirono milioni di persone. La situazione di instabilità persiste e le Nazioni unite a ottobre hanno fatto scattare il loro più alto livello di emergenza (L3), quello riservato a soltanto a tre altre crisi (Iraq, Siria e Yemen): si contano 4 milioni di sfollati. Il quadro è aggravato al momento dal rifiuto del presidente Joseph Kabila di tenere elezioni dopo il termine del suo mandato, quasi un anno fa.

La Commissione elettorale, sempre a ottobre, ha annunciato che non sarà possibile andare alle urne prima dell’aprile 2019, creando ulteriore tensione attorno al presidente che è salito al potere dopo l’uccisione del padre nel 2001. La Monusco, nel 2006, aveva contribuito a far tenere le prime elezioni libere e corrette in 46 anni. Human Right Watch, nello spiegare le violenze che vengono perpetrate nelle regioni del Kivu (526 civili uccisi solo da giugno a novembre), aveva parlato di “molti fattori” tra cui le forze di sicurezza congolesi “responsabili di oltre 100 morti violente nei sei mesi passati.