Quanti schiavi possedete? Slavery Footprint lo svela ai consumatori

Pubblicato il 1 Novembre 2011 - 01:53 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Quanti schiavi lavorano per noi? Un applicazione web del sito internet Slavery Footprint permette di calcolarlo. Il sito si basa sulle stile di vita, le abitudini e le dimensioni del nucleo familiare. Creato da Call+Response, un’organizzazione no profit che da anni combatte per l’abolizione della schiavitù nel mondo e collabora con l’Ufficio per monitorare e combattere il traffico di persone del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti diretto da Hillary Clinton. La schiavitù è una condizione che affligge 27 milioni di persone nel mondo, molti dei quali bambini.

Justin Dillon, responsabile di Slavery Footprint, ha detto: “La schiavitù purtroppo è ovunque, ogni oggetto della nostra quotidianità viene realizzato sfruttando in maniera disumana ed illegale manodopera a basso costo”. Sebbene la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo abbia messo al bando la schiavitù dal 1948, lo sfruttamento, specialmente minorile, è una condizione ancora molto diffusa nel mondo. Donne costrette a prostituirsi, bambini sfruttati nei paesi del Terzo mondo e uomini che lavorano in condizione estreme ne sono vittime.

“E’ un fenomeno drammatico di cui bisogna ricordarsi quando si va a fare shopping e si acquista qualcosa”, ha sottolineato Dillon. Conoscere il numero di schiavi che lavorano per noi senza esserne consapevoli è semplice con l’applicazione web. Rispondendo ad un questionario di 11 domande sull’età, la dieta seguita, il numero di figli, l’attività sportiva svolta, la tipologia di abitazione e gli oggetti contenuti nel proprio armadietto è possibile determinare quanti schiavi “possediamo”.

Il sito ha come obiettivo rendere il consumatore consapevole di questa condizione, affinché ne prenda coscienza e sia coinvolto in prima persona. Il prossimo passo di questa iniziativa per sensibilizzare i consumatori sarà quello di creare una applicazione per telefonini, che permetta di sapere se l’azienda dal quale il consumatore acquista il prodotto si avvalga di persone che lavorano in condizioni di schiavitù.