Siria, la Croce Rossa nella prigione delle torture

BEIRUT, 5 SET – Per la prima volta in quasi mezzo secolo la Siria del Baath ha concesso a membri del Comitato internazionale per la Croce Rossa (Cicr) di visitare una delle prigioni di Damasco dove però, secondo oppositori e dissidenti, sono rinchiusi per lo più criminali comuni, e non una delle prigioni in cui i detenuti sarebbero torturati. 

All’indomani dell’uccisione di 24 civili siriani, attivisti e testimoni oculari hanno riferito di almeno sette morti in tre diverse località: tre persone a Homs, una a Tall Kalakh al confine col Libano, una quinta a ridosso del confine turco nella regione nord-occidentale di Idlib.

Mentre dal Cairo si attende mercoledì l’arrivo in Siria del segretario della Lega Araba, Nabil al Arabi, a Damasco il raìs Bashar al Assad ha ricevuto il presidente del Cicr Jakob Kellenberger che ha oggi annunciato che una sua squadra ha potuto effettuare ieri una prima visita al carcere centrale di Damasco, situato nel sobborgo di Adra, 25 km a nord dalla capitale.

Si tratta di una prigione sotto l’autorità del ministero degli interni, dove sono rinchiusi per lo più criminali comuni. “All’interno di Adra c’è una sezione gestita dalla Sicurezza politica (una delle quattro agenzie di controllo e repressione, le famigerate mukhabarat) ma di certo in quel braccio la Croce Rossa non potrà andare”, ha detto Habib Saleh, oppositore alawita (della stessa minoranza sciita a cui appartengono gli al Assad), per 12 anni detenuto proprio a Adra.

Da Ginevra, il Cicr ha definito la visita “un importante passo avanti per le nostre attività umanitarie in Siria. Inizialmente avremo accesso alle persone detenute dal ministero dell’interno (criminali comuni, ndr) e speriamo che potremmo visitare tutti i detenuti”.

“Questo non accadrà mai”, ha commentato Wissam Tarif, ricercatore libanese con una lunga esperienza in Siria. “E’ inimmaginabile che il regime mostri le galere delle mukhabarat dove da decenni vengono effettuate le torture più volte documentate da numerosi rapporti umanitari”.

Dello stesso parere è l’oppositore Saleh, intervistato dall’ANSA a Beirut: “La Croce Rossa dovrebbe effettuare delle visite a sorpresa nelle prigioni di Saydnaya, gestita dai servizi di sicurezza militari, e in quelle a Damasco (Faraa Mintaqa, Faraa Tahqiq, Faraa Filastin) che si trovano in pieno centro e vicino all’Hotel Carlton”.

“Si tratta di prigioni che si estendono sotto terra”, racconta Saleh. “In quei cunicoli ci sono gabbie, nelle quali decine di prigionieri rimangono incatenati alle braccia alle mani ventiquattrore al giorno, e celle d’isolamento. In una di queste sono rimasto per tre mesi”.

A stento Saleh, rilasciato nel maggio scorso e dal 5 agosto rifugiatosi in Libano, riesce a non evocare le torture più pesante subite in quelle segrete sotterranee: “Una delle più tremende è la ruota”, afferma.

“Ti infilano con la testa e le gambe in un grande pneumatico, quindi rivoltano la ruota e ti frustano le palme dei piedi con cavi elettrificati. A quel punto – aggiunge – sei pronto a confessare di aver commesso i peggiori crimini”.

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