Stop ai rifugiati, giudice federale contro Trump: “No alle espulsioni”

Stop all'immigrazione. Giudice federale contro Trump: "No alle espulsioni"
Stop all’immigrazione. Giudice federale contro Trump: “No alle espulsioni”

NEW YORK – La pioggia di ricorsi legali contro la decisione di Trump di chiudere le porte dell’America, ha portato a un primo verdetto: Ann Donnelly, giudice federale di New York, ha emesso un’ordinanza di emergenza che temporaneamente impedisce agli Stati Uniti di espellere i rifugiati che provengono dai sette paesi a maggioranza islamica soggetti all’ordine esecutivo emanato dal presidente Trump.

L’ordinanza di emergenza del giudice Donnelly annulla una parte dell’ordine esecutivo del presidente Donald Trump sull’immigrazione, ordinando che i rifugiati e altre persone bloccate negli aeroporti degli Stati Uniti non possono essere rimandate indietro nei loro paesi. Ma il giudice non ha stabilito che queste stesse persone debbano essere ammesse negli Stati Uniti né ha emesso un verdetto sulla costituzionalità dell’ordine esecutivo del presidente.

I legali che hanno citato in giudizio il governo per bloccare l’ordine della Casa Bianca hanno detto che la decisione, arrivata dopo un’udienza di urgenza in una corte di New York, potrebbe interessare dalle 100 alle 200 persone che sono state trattenute al loro arrivo negli aeroporti statunitensi sulla base dell’ordine esecutivo che il presidente Donald Trump ha firmato venerdì pomeriggio, una settimana dopo il suo insediamento.

Il divieto all’ingresso negli Usa per i cittadini di sette Paesi a maggioranza musulmana riguarda anche coloro che hanno doppio passaporto. Lo ha riferito il Wall Street Journal, citando un comunicato che dovrebbe essere pubblicato dal dipartimento di Stato. La misura andrebbe oltre il divieto imposto a Iraq, Iran, Somalia, Sudan, Siria, Libia e Yemen. Il divieto temporaneo riguarderebbe qualsiasi cittadino originario di tali Paesi, anche se in possesso di passaporto di un’altra nazione. Per esempio, un iracheno con seconda nazionalità britannica non potrà entrare negli Usa utilizzando il passaporto del Regno Unito, che sinora permetteva di viaggiare senza visto. Invece, la misura non si applicherà ai cittadini statunitensi che abbiano anche la nazionalità di uno dei sette Paesi.

L’ordine esecutivo con cui Donald Trump ha sospeso temporaneamente l’arrivo di tutti i rifugiati e delle persone provenienti da sette Paesi a maggioranza islamica ha innescato una serie di proteste davanti agli aeroporti internazionali di numerose città degli Stato Uniti. In particolare circa 2.000 persone, tra cui alcune celebrità, si sono riunite davanti al John F. Kennedy Airport di New York, causando anche alcuni disordini.

GOVERNATORE NEW YORK NON BLOCCA LA PROTESTA – L’agenzia che gestisce lo scalo ha tentato di ostacolare l’afflusso dei manifestanti fermando i treni che portano ai terminal, ma il governatore dello stato di New York, il democratico Andrew Cuomo, ha cancellato la misura, affermando che la gente ha il diritto di protestare. E manifestazioni ci sono state anche nel vicino aeroporto di Newark, in New Jersey, dove si sono radunate circa 120 persone con cartelli contro l’ordine esecutivo di Donald Trump.

E anche all’aeroporto di Denver, in Colorado, decine di manifestanti si sono riuniti davanti al locale scalo internazionale, così come a Chicago, davanti all’aeroporto O’Hare si è radunata una piccola folla e diverse persone sono state arrestate. Secondo quanto riferisce la stampa locale, anche diversi passeggeri in arrivo allo scalo si sono uniti ai manifestanti. Simili manifestazioni si sono svolte anche a Dallas, Seattle, Portland, San Diego. E a Los Angeles, circa 300 persone sono entrate nel terminal dopo aver inscenato una veglia a lume di candela. E ancora, a San Francisco, centinaia di persone hanno bloccato la strada che porta allo scalo per esprimere la loro protesta.

DONALD TRUMP SCRIVE SU TWITTER – A seguito delle proteste scoppiate negli aeroporti, Donald Trump ha scritto su Twitter: “Il nostro Paese ha bisogno di confini forti e di controlli rigidi, ADESSO. Guardate a quello che sta succedendo in Europa e, anzi, in tutto il mondo – un caos orribile!”.

PROTESTE ANCHE DALLA GRAN BRETAGNA – Anche il ministro degli Esteri britannico Boris Johnson si schiera contro il bando imposto da Donald Trump agli arrivi da sette Paesi a maggioranza islamica. “Proteggeremo i diritti e le libertà dei cittadini del Regno Unito in patria e all’estero. E’ divisivo e sbagliato stigmatizzare in base alla nazionalità”, ha twittato Johnson, alfiere di quella Brexit lodata apertamente da Trump. Anche la premier Theresa May d’altra parte, attraverso il portavoce di Downing Street, si è detta in disaccordo con il decreto firmato dal presidente Usa.

I PUNTI DELL’ORDINE ESECUTIVO – Ecco, intanto, i punti dell’ordine esecutivo (“Protezione della nazione dall’ingresso di terroristi stranieri negli Usa”) con cui Donald Trump ha congelato i flussi migratori in Usa.

1) sospensione per 120 giorni del programma di ammissione dei rifugiati.

2) sospensione per i rifugiati siriani sino ad ulteriore avviso, ossia sino a quando il presidente non riterrà che sono stati fatti cambiamenti sufficienti per garantire che il loro ingresso “è coerente con l’interesse nazionale”. Nel 2016 gli Usa hanno accolto 12.468 rifugiati siriani, contro i 300.000 della Germania. Dall’inizio del conflitto in Siria, la Turchia ne ha ricevuti 2,7 mln, il Libano 1 mln.

3) riduzione da 110 mila a 50 mila del numero di tutti i rifugiati previsti per l’anno fiscale 2016 (dal primo ottobre 2016 al 30 settembre 2017).

4) priorità, dopo la fine del periodo di sospensione, ai rifugiati appartenenti a minoranza religiose perseguitate.

5) eccezioni al bando sui rifugiati “caso per caso”, a discrezione del dipartimento di stato e del ministero dell’interno

6) autorità locali e statali avranno un ruolo nella ricollocazione dei rifugiati

7) sospensione per 90 giorni dell’ingresso delle persone provenienti da sette Paesi a maggioranza islamica (Siria, Libia, Iraq, Iran, Somalia, Yemen, Sudan). Nel mirino anche i possessori di Green card.

8) sviluppo di standard e procedure uniformi per controllare gli immigrati, come ad esempio le interviste personali o un database con i documenti di identità presentati dai richiedenti

9) completamento veloce del sistema biometrico di tracciatura di ingressi e uscite dagli Usa

10) sospensione del programma Visa interview Waiver, che consente a chi è ritenuto titolato il rinnovo del visto senza intervista personale

11) pubblicazione ogni 180 giorni dei dati sui reati legati al terrorismo.

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