(ANSA) BEIRUT – Una calma carica di tensione è scesa dal pomeriggio (di lunedì 19 gennaio, ndr) su Sanaa, dopo ore di intensi combattimenti che avevano scosso in mattinata la capitale dello Yemen, dove i ribelli sciiti Huthi si sono impadroniti della sede della televisione e hanno tentato un assalto al palazzo presidenziale.
“E’ un passo verso un colpo di Stato, la capitale attualmente non è nelle mani di nessuno, ed entro questa sera potremmo vedere un altro Yemen”, aveva detto durante gli scontri il ministro dell’Informazione, Nadia Sakkaf, delineando con parole drammatiche la possibilità che il Paese precipitasse definitivamente nel gorgo della violenza. Questo tre anni dopo l’uscita di scena dell’ex uomo forte Ali Abdullah Saleh, e mentre le milizie di Al Qaida nella Penisola Arabica (Aqpa) rimangono padrone di vaste porzioni di territorio.
Invece un cessate il fuoco tra gli Huthi e l’esercito, agli ordini del presidente, Abed Rabbo Mansur Hadi, è entrato in vigore, dopo che negli scontri intorno al palazzo presidenziale almeno tre persone erano morte e una cinquantina, secondo fonti mediche, erano rimaste ferite. Gli Stati Uniti rimangono comunque pronti a evacuare la loro ambasciata nel caso la situazione dovesse precipitare, secondo quanto riferisce la Cnn.
Non è chiaro come siano cominciati i combattimenti. Quello che però si sa è che sono scoppiati al culmine di un braccio di ferro tra il presidente e i ribelli sciiti, che dallo scorso settembre controllano diversi quartieri di Sanaa, in merito alle riforme costituzionali per cercare di avviare il Paese verso una difficile riconciliazione. Secondo un piano sponsorizzato dalle Nazioni Unite, Hadi dovrebbe formare un nuovo governo di unità nazionale e gli Huthi dovrebbero ritirarsi dalla capitale, sulla quale cui sono calati dai loro territori nel Nord del Paese. Ma ognuna delle due parti afferma che l’altra non rispetta i patti.
Gli Huthi respingono l’accusa di essere sostenuti e armati direttamente dall’Iran. Ma la loro offensiva della scorsa estate in aree tradizionalmente sunnite ha provocato la reazione di clan tribali appartenenti a questa confessione e rischia di far guadagnare consensi ad Al Qaida, anche a causa delle vittime civili provocate dai ripetuti bombardamenti dei droni americani sulle roccaforti dell’organizzazione terrorista.
Aqap è considerata dagli Usa come la branca più pericolosa della rete un tempo guidata da Osama bin Laden, che invece deve subire la concorrenza e l’ostilità dello Stato islamico (Isis) in Iraq e Siria. Un sedicente membro di Al Qaida nello Yemen ha rivendicato all’organizzazione anche l’attacco compiuto il 7 gennaio dai fratelli Kouachi alla sede del settimanale satirico Charlie Hebdo, con un bilancio di 12 morti. Lo stesso giorno almeno 33 giovani sono stati uccisi in un attentato suicida, attribuito anch’esso ad Al Qaida, mentre erano in coda per arruolarsi davanti all’Accademia di polizia di Sanaa.