Marcia dei quarantamila, anzi per l’esattezza finora 43 mila. Non a Torino ma a Ferrara. Non per riaprire una fabbrica occupata ma per tenere lontana quella che considerano alla stregua di una calamità , anzi, diciamo meglio, una intrusione. Un’intrusione sull’erba mia, sull’erba nostra. Hanno firmato in 43 mila (per Ferrara non è certo piccola cifra) una petizione in lettera al Comune e in spirito a chiunque possa intervenire. Intervenire per sventare il concerto di Bruce Springsteen il prossimo 18 maggio al Parco Bessani.
Effetto Attila
Mito e leggenda vogliono che dove passava Attila più non cresceva filo d’erba. Sentite cosa, secondo petizione dei 43 mila, va ad accadere dove dovesse passare concerto di Springsteen: compromesso manto erboso, annullata tutela igienico sanitaria degli specchi d’acqua, devastata la biodiversità , annichilita la galleria vegetale arbustiva, condotta a deportazione e panico la avifauna stanziale e stagionale, danneggiate anche mura storiche. Non sono stati di braccino corto gli estensori della petizione nell’elencare le devastazioni prossime venture al suon di musica.
In una sorta di lettera di Totò e Peppino fratelli Capone ci hanno messo tutto: la moria delle vacche, lo studente che deve prendere una laura…Qualunque cosa sia la “galleria vegetale arbustiva”, reso l’omaggio alla “biodiversità ” divenuta parola magica e rituale e non più concetto e categoria scientifica, la petizione è chiara: se si fa il concerto si avvelenano le acque, sradicano alberi e foglie, si terrorizzano a morte gli uccelli che lì abitano e anche quelli che passano (non è chiaro se tra gli uni e gli altri si passino la voce, tipo: non vi fermate qui, sapete una volta c’è stato un gran rumore e tanti umani…). Ma non è il trauma antico di moderni Attila che muove i 43 mila della petizione. E’ qualcosa di molto più forte di ogni umor di tutela e prevenzione. Tutela, conservazione e prevenzione sono solo abiti di scena con cui si rimpannuccia il vero umor forte, il sentimento veramente dominante, il vero movente della petizione e di ogni analogo comitato e petizione.
L’irresistibile fascino del No
Letteralmente non ci si resiste. Dire No, costruire un fascio di No dà la sensazione di essere potenti. Potenti nei confronti dei potenti. Dire No è attestato di esistenza in sociale vita. Dire No è goduria. Dire No è dare soddisfazione alla porzione cocciutamente dispettosa dell’animo umano. Dire No è: te la faccio vedere io. Dire No è giocare a fare il cittadino. Dire No è partecipare al gioco dei mass media. Dire No è dichiarare intoccabile intangibile l’erba sotto casa proprio perché è sotto casa e quindi erba “nostra”, dà senso di appartenenza ed estende l’ambito di “proprietà ”. Dire No è gratuito, non costa. Fa chic e in fondo non impegna. Dire No è insieme cool e pop. Letteralmente non ci si resiste al fascino del dire No. Soprattutto in una società , in una comunità , in una popolazione, in una nazione anagraficamente, culturalmente e umoralmente vecchia. Anzi non è neanche questo il tratto distintivo, la società italiana che produce sterminati No male invecchia e acidamente invecchia. E’ questo il tratto distintivo, sotto questo segno marciano le legioni del No.