Per disperazione uccise la moglie malata terminale, Mattarella gli concede la grazia (foto ANSA) - Blitz quotidiano
Il 22 dicembre il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha concesso la grazia a Franco Cioni, 77 anni, condannato a sei anni e due mesi di reclusione per l’omicidio della moglie Laura Amidei, affetta da una malattia terminale. I due avevano condiviso quarantacinque anni di vita insieme e, dal 2016, Cioni si era preso cura della consorte giorno dopo giorno, come ricostruito nel processo, “con assoluta costanza e inesauribile dedizione”.
La decisione del Quirinale riporta al centro dell’attenzione una vicenda che aveva profondamente colpito l’opinione pubblica e che continua a sollevare interrogativi sull’assenza, in Italia, di una normativa chiara sul fine vita e sull’assistenza alle persone gravemente malate.
Le motivazioni della sentenza e il riconoscimento dell’altruismo
Nel 2024 la Corte d’Assise di Modena, pur condannando l’uomo, aveva escluso una lettura puramente criminale del gesto. Nella sentenza si legge infatti che non poteva essere valutato isolatamente “rispetto a tutta la condotta anteriore osservata dall’imputato nella dedizione, nella vicinanza e nel sostegno umano assicurato alla propria consorte per tutta la sua lunga malattia”. Cioni spiegò di non riuscire più a sopportare la sofferenza della moglie, ricordando anche che lei, all’inizio della malattia, aveva espresso il desiderio di non essere trasferita in una struttura assistenziale. Il medico curante e la sorella della vittima confermarono “l’altruismo” dell’uomo.
Il “sentire sociale” e le ragioni della grazia
La Corte sottolineò inoltre l’esistenza di “un sentire sociale ormai sempre più presente in larghi settori della società civile che hanno vissuto o sono chiamati a vivere la drammaticità del fine vita”. A Cioni restavano oltre cinque anni di pena da scontare, ma la grazia è stata concessa, spiega il Quirinale, “tenuto conto dei pareri favorevoli, formulati dal procuratore generale e dal magistrato di sorveglianza, delle condizioni di salute del condannato, dell’intervenuto perdono da parte della sorella della vittima e della particolare condizione in cui è maturato l’episodio delittuoso”.
