Gianpaolo Tarantini (Foto Ansa)
“La giustizia con me ha funzionato, ho imparato dai miei errori e ho cambiato completamente vita”. Con queste parole Gianpaolo Tarantini, imprenditore barese condannato per aver portato escort nelle residenze private dell’allora premier Silvio Berlusconi, annuncia la fine del suo percorso giudiziario: da oggi è un uomo libero, dopo aver scontato l’ultima condanna con l’affidamento in prova ai servizi sociali. Un cammino lungo sedici anni, segnato – racconta – da una profonda trasformazione personale. Tarantini ringrazia innanzitutto la madre, “che mi è stata sempre vicino senza mai giudicarmi”, poi il suo avvocato e la magistratura.
“Ho confessato i miei errori e ho deciso di collaborare”, spiega, senza sottrarsi a una richiesta di scuse: “Mi dispiace per tutte le persone che sono state coinvolte nei miei processi, anche mediatici, e mi dispiace che alcune di loro, soprattutto alcune ragazze, siano state etichettate in un modo che non meritavano, con conseguenze personali e sociali”.
Ripensando al passato, ammette: “Quando ero più giovane ero più incosciente, superficiale e pensavo che il fine giustificasse sempre i mezzi. Invece oggi penso, con maturità ed esperienza, che bisogna aver rispetto soprattutto degli altri”. Centrale, nel suo racconto, l’esperienza dei servizi sociali: “È stata l’esperienza più formativa, in particolare la raccolta di indumenti e cibo per i bisognosi: ho visto nei loro occhi la vera sofferenza e il sollievo di fronte alla consegna di un semplice litro di latte o di un abito anche usato”.
Un impatto così forte da spingerlo a continuare il volontariato anche oltre gli obblighi giudiziari: “Mi hanno insegnato l’altra faccia della medaglia del mondo e i veri valori della vita”. Il suo legale, Nicola Quaranta, si dice “soddisfatto professionalmente di aver assistito una persona gravata da numerosi procedimenti e processi giudiziari, difendendolo nel processo e non dal processo”, sottolineando come la fase esecutiva della pena serva “a rieducare e non solo punire il reo”. “Tarantini – conclude – è l’esempio del condannato che ha concretamente dimostrato resipiscenza, reinserendosi nel tessuto sociale anche grazie al positivo percorso di risocializzazione previsto dalle misure alternative”.
