Borse Asia, nuovo crollo: la catena di S. Antonio cinese

di redazione Blitz
Pubblicato il 25 Agosto 2015 - 11:23 OLTRE 6 MESI FA
Borsa Shanghai, nuovo crollo: la catena di S. Antonio cinese

Borsa Shanghai, nuovo crollo: la catena di S. Antonio cinese

ROMA – Nuovo scivolone per la Borsa di Shanghai, che replica oggi le deludente prestazione della vigilia, con un calo del 7,63% a 2964 punti. Simile l’andamento della piazza di Shenzhen (-7,09% a 1.749 punti). In forte declino Bank of China (-8,16%), che però sulla Piazza di Hong Kong (+0,6%) limita il calo al 2,16%.

Le piazze europee stanno rispondendo al panico da vendita irradiato dall’epicentro cinese: l’indice tedesco Ifo (quello che misura la fiducia delle imprese) migliore delle attese consente ai listini europei di consolidare il tentativo di rimbalzo. A Milano a mezza mattinata si registra un incoraggiante +2,9%.

In ogni caso i 2200 miliardi persi in una settimana dalle borse mondiali (i guadagni di un anno) costringono a vedere più da vicino questo effetto domino che si propaga dalla Cina e si riverbera su tutto il pianeta, dai paesi cosiddetti emergenti a Wall Street, una “catena di Sant’Antonio cinese” la chiama con felice sintesi Vito Lops del Sole 24 Ore. Cosa sta succedendo?

Svalutazione yuan, la Cina cresce meno.  Tutto origina dalla decisione della People’s Bank of China (la banca centrale cinese) di svalutare lo yuan l’11 agosto. Serviva a contrastare la politica dei tassi di interesse praticamente azzerati dalla Federal Reserve da 6 anni, ha mandato in realtà il messaggio, allarmante, che la sua economia era in frenata. La conferma è arrivata dall’indice manifatturiero.

Crollo prezzo petrolio e materie prime. Se la seconda economia del mondo rallenta (il 14% del Pil mondiale) significa allora che ha bisogno di minore energia e quindi di meno petrolio. Il cui prezzo, automaticamente, è crollato. Così come quello delle materie prime: un colpo per i paesi esportatori, gli emergenti come Brasile, Indonesia ecc… Qualcuno ha dovuto svalutare a sua volta, come Vietnam e Kazhakistan.

I tassi Usa. Se si considera che sono anche indebitati in dollari, si immagini con quale ansia temano l’atteso rialzo dei tassi Usa. Che però sarà ancora rimandato proprio per le turbolenze attuali: il problema è che proprio l’eccesso di liquidità spinta dai bassi saggi d’interesse è fra i fattori scatenanti la bolla finanziaria cinese e non solo.

E l’Europa? E’ difesa dallo scudo di Draghi, l’euro mantiene ancora una valutazione favorevole rispetto al dollaro, importa a prezzi più bassi, ma Cina e Wall Street le fanno accusare ugualmente il colpo: i cinesi non comprano più come prima e l’export ne risente pesantemente. Tanto è vero che a perdere di più è Francoforte, la borsa del mercato campione europeo di export.