Fiat, l’accordo su Pomigliano spacca la sinistra: Vendola con la Fiom, Bersani con la Cgil

Pubblicato il 16 Giugno 2010 - 21:10| Aggiornato il 23 Giugno 2010 OLTRE 6 MESI FA

Nichi Vendola

L’accordo tra sindacati e Fiat su Pomigliano scuote la sinistra, con quella radicale che attacca il Pd, e si schiera con Di Pietro a fianco della Fiom nel definire “illegittimo” il referendum tra i lavoratori, mentre i democratici appoggiano l’intesa raggiunta.

In più, per la seconda volta in pochi giorni, il segretario Pier Luigi Bersani ha dovuto rettificare la posizione espressa dal suo vice Enrico Letta.

Bersani, in un’intervista all’Unità ha ribadito le proprie riserve su alcuni punti dell’accordo, pur sottolineando l’aspetto positivo di fondo: “C’è un fatto oggettivo, siamo di fronte al primo caso in Europa di rientro delle produzione esternalizzata”.

Fermo restando che ora “bisogna sentire la voce dei lavoratori”, Bersani resta fermo su un punto: Pomigliano non sarà un modello esportabile nel resto di Italia per sminuire i diritti dei lavoratori: “Non credo che nessuno, nemmeno la Fiat o Sacconi, possa pensare che un diritto costituzionale sia aggirabile da un accordo. Non abbocchiamo all’amo di chi ce la racconta così. Sacconi dice che vede un grande orizzonte fatto di deroghe ad ogni livello. Se lo sogna. La Costituzione non è derogabile”.

Tra i parlamentari del Pd, molti, come l’ex ministro Cesare Damiano, sono preoccupati che il “modello Pomigliano” diventi il cavallo di Troia del governo per stravolgere il sistema delle relazioni industriali.

Ma c’è anche un fronte, costituito per esempio dagli ex Cisl Sergio D’Antoni o Pier Paolo Baretta, che vede piuttosto il bicchiere mezzo pieno, sottolineando gli aspetti positivi per l’occupazione e per l’industria.

Intanto, però, a sinistra i rapporti ritornano tesi. Il primo a menar fendenti è l’ex leader del Prc, Fausto Bertinotti: “Tutta la sinistra, sia moderata sia radicale, è morta”.

Davanti ai cancelli di Pomigliano, Nichi Vendola sferra un attacco diretto al Pd. “Tra i due Letta – dice il leader di Sinistra e libertà – quello più di sinistra mi sembra Gianni, e le dichiarazioni di Enrico, invece, sono incommentabili”. Un riferimento al plauso convinto all’accordo dato martedì mattina dal parte del vice-segretario del Pd, rettificato nel pomeriggio dallo stesso Bersani.

Uno dei più stretti collaboratori di Bersani, Nico Stumpo, responsabile organizzazione del Pd, invita Vendola a non “abbandonarsi alle polemiche, magari con qualche scivolone”, bensì “a concentrarsi tutti insieme contro il governo della manovra iniqua sbagliata e a difesa di chi fa i conti tutti i giorni coi problemi del lavoro e della crisi”.

Un’altra spaccatura si crea tra Pd e Idv: il partito di Di Pietro, come quelli della sinistra radicale, si è schierato a fianco della Fiom nel sostenere che il referendum del 22 è illegittimo, e che i lavoratori devono boicottarlo; mentre Bersani e il Pd sono sulla posizione del segretario della Cgil, Guglielmo Epifani, che ha invitato gli operai a dire la loro con il voto.

Il referendum a Pomigliano, dunque, si prospetta come una riedizione del referendum del 2007 sulla riforma del welfare, quando la sinistra radicale si schierò con la Fiom per il “No” e la sinistra riformista per il sì, che poi prevalse.

C’è però un aspetto positivo almeno nell’ottica del Pd: il riavvicinamento di Epifani con Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti, che scongiura almeno per ora lo spettro di un “bipolarismo sindacale” a cui aspira il governo.