Fiat, Marchionne annuncia: saliti al 25% di Chrysler. E su Mirafiori: “Se vince il no vado in Canada”

Pubblicato il 10 Gennaio 2011 - 15:18 OLTRE 6 MESI FA

Sergio Marchionne

La Fiat è salita dal 20 al 25% della Chrysler. La notizia, che sarà ufficializzata in un comunicato, è stata data dall’Amministratore delegato Sergio Marchionne in un incontro con i giornalisti italiani a Detroit.

Marchionne ha spiegato che è stata adempiuta la prima condizione per l’aumento della quota, quella relativa alla certificazione del primo motore con tecnologia Fiat per l’uso in America. ”La possibilità di salire entro quest’anno al 51% c’è”, ha aggiunto Marchionne.

La Fiat in un comunicato ufficializza l’aumento della propria quota di partecipazione in Chrysler dal 20% al 25%: ”Come descritto nell’accordo operativo del 10 giugno 2009, Chrysler Group ha emesso una lettera d’impegno irrevocabile nei confronti del Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti con la quale la società dichiara di aver ricevuto le necessarie autorizzazioni regolamentari e che inizierà la produzione commerciale del motore Fire (Fully Integrated Robotized Engine) nel suo stabilimento di Dundee (Michigan, USA). Di conseguenza – si legge nella nota – la quota di partecipazione di Fiat è automaticamente aumentata come previsto nell’accordo operativo”.

Con l’aumento del peso del Lingotto, l’azionariato della casa di Detroit vede i sindacati americani Uaw Veba detenere il 63,5% del capitale, il Tesoro Usa il 9,2% e il governo canadese il 2,3%. Fiat – ricorda il comunicato – potrà ulteriormente aumentare la propria quota in Chrysler sino al 35%, in tranche del 5%, attraverso il raggiungimento di due ulteriori ‘performance events’. Il primo evento si riferisce all’aumento dei ricavi e delle vendite al di fuori dell’area NAFTA. Il secondo riguarda la produzione commerciale negli Stati Uniti di una autovettura basata su una piattaforma Fiat con prestazioni di almeno 40 miglia per gallone. Intanto la prima applicazione sul mercato nord americano del motore 1.4 Fire con tecnologia MultiAir sarà sulla nuova Fiat 500, la cui distribuzione da parte di Chrysler Group inizierà a breve attraverso i nuovi concessionari.

L’ad dell’azienda automobilistica è tornato anche a parlare delle vicende italiane, ribadendo che se al referendum di Mirafiori ci sarà il 51% di sì “il discorso si chiude, l’investimento si fa. Se non si raggiunge il 51% salta tutto e andiamo altrove. Fiat ha alternative nel mondo, aspettiamo di vedere cosa succederà giovedì e venerdì e se il referendum non passerà ritorneremo a festeggiare a Detroit”.

Se a Mirafiori vincesse il no per Sergio Marchionne ”ci sono moltissime alternative. Venerdì scorso – ha detto l’amministratore delegato della Fiat al Salone dell’Auto di Detroit – ero in Canada a Brampton per lanciare il charger della Chrysler. Ci hanno invitato a investire e aumentare la capacità produttiva. C’è un grande senso di riconoscimento per gli investimenti che abbiamo fatto là. Stanno aspettando di mettere il terzo turno, trovo geniale che la gente voglia lavorare, fare anche il terzo turno. Lavorare sei giorni alla settimana è una disponibilità incredibile, in Europa questo è un problema, Brampton è una possibilitè, ma ce ne sono moltissime altre dappertutto come Sterling Heights”.

Quanto a un possibile sbarco di Alfa Romeo negli Usa, Marchionne ha spiegato che avverrà “probabilmente nel 2012”. “La Giulia è in effetti la vettura più idonea – ha aggiunto – perché realizzata su piattaforma americana, ma il nostro obiettivo è di portare tutta la gamma Alfa in America, inclusa la macchina che dovrebbe essere prodotta a Mirafiori”.

Sulle strategie future di Fiat è intervenuto a Detroit anche il presidente John Elkann, affermando che non c’è “nessuna intenzione di vendere pezzi del Gruppo, ci teniamo stretto tutto”. “Anche se ci offrono un sacco di soldi, abbiamo investito troppo”, ha aggiunto Elkann.

Scritte contro Marchionne. L’ad di Fiat ha poi commentato le scritte che sono apparse a Torino contro di lui. Le scritte sui muri di Torino ”sono fuori posto – ha detto – Non è questione di un mio coinvolgimento personale, ma riflettono la mancanza di civiltà”.

”Una mancanza di civiltà – ha aggiunto – che non è opportuna per l’Italia e per nessun altro Paese: siamo fiduciosi che prevalga l’aspetto razionale e l’ideologia politica resti fuori dalla fabbrica. Noi vogliamo fare qualcosa di buono non solo per l’azienda ma soprattutto per i lavoratori”.