Governo Letta. No Imu/Iva, esodati… dove trova 15 mld?

ROMA – Governo Letta. No Imu/Iva, esodati… dove trova 15 mld? Stop di Letta all’Imu, “Ma dove trova i 10 miliardi?” (Il Fatto Quotidiano); secondo Libero l’intero programma è una “favoletta” che ci ha raccontato il presidente del Consiglio, “peccato che non ci ha detto dove troverà i 30 miliardi”; per Repubblica, discorso inaugurale del premier sensato, anche ispirato, “ma chi paga?”.  La Stampa e Il Sole 24 Ore sono più concilianti ma ugualmente devono segnalare l’uno “La scommessa per trovare i soldi”, l’altro “L’incognita delle coperture, servono 15 miliardi”. Insomma s’è capito, al di là di entusiasmi e ostracismi di parte, che questa è la questione dirimente di un governo intenzionato ad aggredire la crescita e ridurre il carico fiscale senza ulteriori indebitamenti.

Dall’Imu alle missioni internazionali. I punti sciorinati da Letta appartengono a un programma vasto (detto senza ironia) di interventi ad ampio respiro per consentire la ripresa. Elencarli tutti insieme dà la misura dell’impegno: congelamento dell’Imu a giugno (da integrare poi con la tassa sui rifiuti), no all’aumento di un punto percentuale dell’Iva a luglio, riduzione del cuneo fiscale in particolare a partire dalla defiscalizzazione delle assunzioni giovanili, rifinanziamento della cassa integrazione in deroga, rinnovo dei contratti dei precari pubblici, salvaguardia al resto degli esodati, incentivi per le ristrutturazioni edilizie, per l’energia verde, i mutui agevolati alle giovani coppie, e poi la destinazione obbligata di risorse per le missioni internazionali.

Solo per queste incombenze la dotazione minima è di 15 miliardi. Se ci mettiamo anche la promessa di un reddito minimo per le famiglie bisognose, l’innalzamento degli ammortizzatori sociali…la cifra è ovviamente destinata a salire. Dove li trova allora i soldi il governo Letta? Dino Pesole sul Sole 24 Ore premette a tutto il ragionamento un caveat significativo: “imperativo è evitare una nuova manovra costruita all’insegna dei tagli lineari”, cioè scongiurare il rischio di forbici che taglino indiscriminatamente su servizi, stipendi, dotazioni minime e concentrarsi su una riduzione della spesa corrente.

Spread basso e trattativa con la Ue. Quindi, no a tagli lineari, ma la spending review deve continuare il suo percorso di ottimizzazione dei costi e riduzione degli sprechi. Quando dall’esecutivo si sente parlare di staffetta generazionale padri-figli (una proposta di legge firmata da Tiziano Treu e Pietro Ichino) è chiaro che si immagina di conferire al welfare, dove l’Italia spende meno dei partner europei, risorse da sottrarre alle pensioni, dove l’Italia spende di più in media. Per altre risorse Letta scommette sulla fiducia accordata dai mercati al sistema Italia. Questo può voler dire titoli di stato con uno spread finalmente stabilizzato a circa 200 punti base dal bund tedesco: un “tesoretto” che, a quella quota, vale 10 miliardi risparmiati in due anni in spesa per interessi sul debito.

Questo dividendo deve essere accoppiato alla capacità di intercettare la ripresa nel secondo semestre: parte della liquidità necessaria alle imprese verrà dalla restituzione parziale dei crediti commerciali della PA. Un contesto politico internazionale più favorevole alla critica delle politiche di austerity dovrebbe accogliere senza eccessive resistenze quegli allentamenti ai vincoli di bilancio (negoziando con l’Europa un rientro dal debito meno punitivo) utili a finanziare non altro debito (siamo in procinto di uscire da una procedura d’infrazione per sforamento del deficit), ma gli investimenti previsti dal cosiddetto “braccio preventivo” del Patto di Stabilità.

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