Imu 2013, 8 ipotesi. Chi ci guadagna e chi ci rimette

Pubblicato il 30 Luglio 2013 - 14:47 OLTRE 6 MESI FA
Imu 2013, 8 ipotesi. Chi ci guadagna e chi ci rimette

Imu 2013, 8 ipotesi. Chi ci guadagna e chi ci rimette

ROMA – Imu 2013, 8 ipotesi. Chi ci guadagna e chi ci rimette. Un dossier pubblicato oggi (30 luglio) sul Sole 24 Ore dà conto delle oltre 90 pagine di analisi e tabelle con cui il Tesoro (Mef) valuta tutti i pro e i contro dei possibili interventi sull’Imu 2013, a un mese dalla scadenza del limite del 31 agosto. L’obiettivo è scrivere la riforma entro Ferragosto perché altrimenti ci vorrà un decreto legge per cancellare l’acconto. Otto sono le ipotesi di lavoro. I numeri del Tesoro evidenziano come con lo stop totale sull’Imu a guadagnarci sarebbero i redditi alti: sopra i 120 mila euro il risparmio medio sarebbe di 629 euro, fino a 10 mila euro il beneficio si arresterebbe a 187 euro.

Esenzione totale. E’ la proposta secca del Pdl: cancellazione dell’Imu sulla prima casa per tutti tranne le case di lusso identificate nelle categorie catastali A/1, A/8, A/9. Il beneficio medio sarebbe di 227 euro con una platea di 17,8 milioni di contribuenti. Il costo per l’erario sarebbe di 4 miliardi. Tra i pro, la semplicità e la nettezza dell’intervento. Tra i contro una sperequazione nella distribuzione non progressiva dell’imposta sui redditi e la circostanza che l’assenza di questo prelievo è un caso isolato in Europa.

Aumento detrazioni. La detrazione attuale (in attesa della riforma) è di 200 euro più 50 per ogni figlio fino a un massimo di 4. L’aumento della detrazione, da un minimo di 300 a un massimo di 500, costerebbe allo Stato da 1,3 a 2,7 miliardi. Tra i pro, anche qui la semplicità dell’applicazione tributaria. Tra i contro, il fatto che a beneficiare di più sarebbero i contribuenti con prime case dall’elevata rendita catastale. Altra controindicazione, la tassa sarebbe praticamente tutta a carico dei proprietari di casa nelle grandi città, mentre i piccoli centri verrebbero privati di una fonte importante di finanziamento con l’eliminazione degli imponibili.

Detrazioni in base alla rendita catastale.  L’intervento prevederebbe l’aumento rispettivamente a 437 euro, 508 euro e  618 euro di detrazione sulla prima casa graduata in base al valore della rendita catastale (650, 756, 920 euro). A seconda della calibratura dell’intervento, la perdita di getto varia da 1 a 2,2 miliardi di euro (con la detrazione a 250 euro anche per le rendite sopra i 920). In questo caso i primi beneficiati sarebbero i contribuenti con rendite catastali più basse. Va bene, dunque, la progressività dell’imposta, si ripropone però il problema dei piccoli Comuni privati dagli imponibili.

Detrazioni in base al reddito.  Lo sconto in questo caso varrebbe per la prima casa con rendita oltre i 418 euro ma con reddito fino a 55 mila euro. Aumentando le detrazioni di base da 200 a 280, 330 e 400 euro con esclusione delle case di lusso. Costo per l’erario tra 1,14 e 2 miliardi di euro. Bene la progressività del tributo, male il rischio che a beneficiarne siano gli evasori fiscali.

Sconti in base al numero di figli. In questo caso la detrazione di 600 euro al posto di 200 sostituirebbe quella per numero di figli. Questa detrazione decrescerebbe all’alzarsi dell’indicatore Isee: piena fino a 13 mila euro l’anno, nulla sulla soglia dei 70 mila euro. Il costo per l’erario sarebbe di 2 miliardi. La tassa sarebbe modulata in maniera equa rispetto a patrimonio e reddito ma sconterebbe la difficoltà di numerosi adempimenti burocratici.

Detrazione sui valori Imu. E’ la proposta che più si avvicina alla ratio che seguirà la riforma catastale: imposta collegata al valore di mercato dell’immobile. Ad oggi si potrebbero utilizzare i valori espressi dall’Osservatorio del mercato immobiliare (Omi). Quindi, più che agire sulle detrazioni, si rivedrebbe la base imponibile escludendo i moltiplicatori attuali e agendo sulle aliquote. Il costo massimo sarebbe di 2,3 miliardi. Bene l’aggancio della rendita catastale ai valori di mercato, non bene i “valori di larga massima”, cioè ancora approssimativi, dell’Omi.

Service tax.  Una tassa complessiva che riunisce immobili e Tares dovrebbe essere pagata anche dagli inquilini. Verrebbero esclusi gli inquilini non proprietari a seconda di parametri come reddito e figli. Gettito complessivo atteso 4,3 miliardi:  quindi il costo per l’erario rispetto a Imu+Tares attuali ammonterebbe a 700 milioni.

Credito d’imposta. L’Imu rimarrebbe anche sulla prima casa ma detraibilità ai fini Irpef. Con la piena detraibilità il costo per lo Stato sarebbe di 3,3 miliardi. Bene il mantenimento dell’impostazione attuale, male quello che andrebbe considerato un “prestito forzoso” allo Stato senza interessi per il contribuente: lui anticipa al Comune quello che l’anno dopo lo Stato gli restituirà.