L’inflazione corre su Internet: Google misurerà i prezzi del web

di Francesco Alfani*
Pubblicato il 13 Ottobre 2010 - 19:27 OLTRE 6 MESI FA

La vita costa cara anche su internet. Quelli che almeno una volta hanno pensato: sì, è vero, i prezzi aumentano tutti i giorni, tra poco potrebbero avere una conferma da Google.  Il motore di ricerca più famoso del web ha intenzione infatti di misurare l’inflazione utilizzando i dati degli acquisti on line.

La notizia l’ha data il capo degli economisti della società di Mountain View, Hal Varian, durante la conferenza dell’associazione nazionale degli economisti del business americani, a Denver, in Colorado. Il nuovo indice dei prezzi si chiamerà, con un certo compiacimento autoreferenziale, “Google Price Index”, o Gpi, giocando con la somiglianza del tradizionale indicatore dell’inflazione, il “Consumer price index” (Cpi). Il Gpi utilizzerà i numeri raccolti negli enormi database del motore di ricerca, dove vengono registrati i resoconti degli acquisti effettuati online.

Google non ha ancora deciso se rendere pubbliche le cifre. Se però il Gpi diventasse uno strumento alla portata degli utenti della rete, cambierebbe davvero le prospettive dei consumatori. Sempre più persone usano il web per comprare moltissimi prodotti, dalle magliette ai dvd, dalle macchine ai generi alimentari. Il giro di affari dei negozi virtuali è di milioni di dollari. In testa alla lista c’è il “generalista” e-Bay, il cui slogan recita non a caso: “Qualunque cosa tu stia cercando, su eBay c’è”. E-Bay ha inaugurato un sistema di vendite tramite asta a offerte e rilanci che ha fatto scuola, e dopo averlo comprato, ha trasformato il sistema per pagamenti virtuali Pay-Pal nello strumento più utilizzato per concludere le transazioni sul web. Ma ci sono anche altri siti come Amazon, dove vanno forte le vendite di libri, cd e dvd, e siti specializzati ma comunque molto cliccati come Autoscout24, dove tutti i giorni sono in vetrina migliaia di scooter, moto e automobili nuove ed usate.

“Il principale vantaggio del Gpi – ha sottolineato Varian – sarebbe quello di poter ottenere i dati economici in modo molto più rapido, utilizzando le risorse online”. I dati sui consumi tradizionali vengono infatti raccolti manualmente nei negozi e pubblicati soltanto ogni mese, in ritardo rispetto a quanto accadrebbe con l’indice di Google. Da Mountain View sottolineano che il nuovo indicatore non può sostituire il Cpi. Molti prodotti i cui prezzi sono essenziali per calcolare il costo della vita, come verdura e carne, pane e acqua, appartamenti e cene al ristorante, non si scambiano ancora su internet, e non rientrerebbero nelle stime degli economisti della società californiana. Ma intanto il primo passo è stato fatto. Magari tra pochi anni basterà un clic per sapere, prima ancora di uscire di casa, se il caffè al bar ci costerà qualche centesimo in più del giorno prima.

*Scuola di Giornalismo Luiss