Pensioni, contributo solidarietà: Baretta insiste nell’esproprio proletario

Pensioni, contributo solidarietà: Baretta insiste nell'esproprio proletario
Pier Paolo Baretta (LaPresse)

ROMA – Pier Paolo Baretta, sottosegretario all’Economia con un lungo passato di dirigente della Cisl, non tradisce le sue origini e, come se la Corte Costituzionale non esistesse, come se il Muro di Berlino fosse ancora su, insiste sull’esproprio proletario delle pensioni. Si tratta di pensioni non rubate, ma frutto di decenni di versamenti legati a stipendi alti perché alte erano le responsabilità, i compiti, i rischi. Spesso anzi le pensioni sono inferiori al versato, perché ci sono Casse come quella dei giornalisti, l’Inpgi, che abbattono la curva e la pensione risulta anche metà dell’ultima retribuzione.

Ma nella Repubblica Popolare delle Banane in cui si sta trasformando sempre più l’Italia tutto questo non conta.

Intervistato dal quotidiano dei Vescovi Avvenire, Pier Paolo Baretta ha rilanciato l’ipotesi di un contributo di solidarietà sulle pensioni medio-alte con queste parole di bieca demagogia:

“Se a certe pensioni chiederemo poi un contributo quando non riusciamo a trovare i fondi per garantire gli 80 euro ai pensionati da mille euro mensili, non mi pare uno scandalo. Diamoci un equilibrio: vogliamo le riforme, ma non vogliamo che nessuno paghi il conto?”.

Le parole di Pier Paolo Baretta ancora una volta confermano l’ambiguità del termine riforme, cui ciascuno dà il significato che più aggrada. L’impressione, a leggere le corrispondenze da Berlino e da Bruxelles, è che le riforme che fanno scendere lo spread e sono attese in Europa non siano costituite dall’esproprio proletario tanto a cuore a una parte della sinistra.

Invece, nota Roberto Mania su Repubblica, con le parole di Pier Paolo Baretta

“non si chiude affatto il fronte pensionistico nonostante lo stop del premier Matteo Renzi alla proposta del ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, di recuperare le coperture per gli esodati e per la cassa integrazione in deroga proprio da un prelievo sugli assegni pensionistici”.

Se non è un gioco delle parti, quello che a Matteo Renzi dovrebbe stare a cuore è evitare uno scontro istituzionale con la Corte Costituzionale che ha già più volte dichiarato illegittimo il contributo di solidarietà e anche uno scontro proprio con quel blocco sociale che fa la differenza dei voti fra il parterre post comunista e il trionfo elettorale di Matteo Renzi: quei 6 – 7 punti che sono la fiducia del ceto medio nei confronti dello stesso Renzi.

Inoltre anche i sindacati hanno cominciato a capire che non tutti gli ex proletari della ex classe operaia sono pensionati da 500 euro. Più probabile che tra quelli, insieme con le casalinghe che non hanno mai versato un soldo, ci siano commercianti, liberi professionisti, le odiate partite iva oltre a ladri e prostitute che a tutto hanno pensato nella vita meno che alla loro futura pensione.

Per un pugno di voti da questi descamisados, il Governo italiano, sia Berlusconi, sia Monti, sia Letta, sia Renzi, manovrato come burattino da oscuri quanto feroci funzionari ministeriali, vuole colpire schiere di ex impiegati e ex operai, iscritti ai popolosi quanto finora silenziosi sindacati dei pensionati di Cgil, Cisl e Uil le cui pensioni, per effetto di accordi di categoria, notti insonni al lavoro, promesse dello Stato, ora sono oggetto delle mire dei demagoghi.

Così, registra Roberto Maria, i sindacati hanno minacciato la mobilitazione:

“La pazienza è finita”,

ha detto il leader dei pensionati della Cgil, Carla Cantone:

“È arrivato il momento di lasciare in pace i pensionati che hanno perso il 30 per cento del potere d’acquisto negli ultimi 15 anni”.

Da una parte, scrive Roberto Mania, c’è

“lo scontro potenziale con i sindacati, dall’altra le divisioni sempre più evidenti nel governo. Perché se Baretta è tornato a parlare dell’ipotesi di un prelievo per quanto nell’ambito di una riforma complessiva del sistema di protezione sociale, il vice ministro dell’Economia Enrico Morando, piddino, renziano della prima ora, ha tentato nuovamente di togliere dal tavolo il tema delle pensioni: «Quella delle pensioni è l’unica riforma che è già stata fatta e non c’è bisogno di farne un’altra».

In realtà nemmeno Poletti pensa che sia necessario intervenire di nuovo. Anzi. Ha ribadito più volte che l’età pensionabile rimane quella fissata dalla contestata legge Fornero e che tornare (come invece propone Baretta insieme al presidente della Commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano) a un meccanismo più flessibile per le uscite dal lavoro comporta costi per i quali attualmente è difficile individuare le coperture.

Poletti pensa che per fronteggiare la nuova possibile ondata di esodati (lavoratori over 50 che vengono licenziati ma sono ancora troppo lontani dall’età per la quiescenza) si possa ricorrere a un contributo di solidarietà allargando la platea dei possibili contribuenti andando oltre coloro che già oggi con una pensione superiore ai 90 mila euro lordi l’anno sono sottoposti al prelievo deciso dal governo Letta”.

Peccato che il fondo per gli esodati ci sia già.

Comments are closed.

Gestione cookie