Salvate il soldato Tremonti. L’incesto della crisi con le elezioni

di Mino Fuccillo
Pubblicato il 7 Gennaio 2011 - 16:30 OLTRE 6 MESI FA

Salvate il soldato Tremonti…e non perché sia l’eroe della democrazia, il mago dell’economia o l’unica alternativa a Berlusconi premier. Salvatelo per fermare l’incesto italiano tra crisi economica ed elezioni anticipate, per provare ad impedire che l’Italia di gente di palazzo si prenda in giro, drammaticamente in giro da sola, pensando che una strategia elettorale o l’altra, un risultato elettorale o l’altro possano allontanare dal paese il calice amaro della crisi economica, finanziaria e sociale. Salvate il soldato Tremonti perché, piaccia o no Tremonti, è quasi l’unico che si rende conto. Gli altri, quasi tutti gli altri, sono come Peter Sellers in “Oltre il giardino”, come quel personaggio che diceva “mi rendo conto” ma era incapace di intedere e per questo riscuoteva enorme successo.

Tremonti si rende conto davvero che non è una “crisi”, una cosa che arriva, fa un po’ danno, passa e tutto ricomincia come prima, più forte e più bello che pria. Tremonti si rende conto che la storia e l’economia stanno cambiando i connotati al mondo. Si rende conto che questo è sicuro e si rende conto di non  sapere quali saranno i nuovi connotati: “Siamo in terra incognita, lo confermo”. Cambieranno, stanno cambiando i connotati della vita di tutti noi: come e se lavoreremo, quanto lavoreremo, se e quanto risparmieremo, se e quando andremo in pensione, se la pensione basterà, cosa e quanto dobbiamo produrre, cosa, quanto e come spendere di pubblico denaro…Tutto è sottoposto a drastica e dolorosa torsione: il fare impresa, sindacato, politica, famiglia. Tremonti si rende conto, per questo va salvato e non tanto e non solo perché non cede al maggioritario e pluri-partisan “partito della spesa”.

Non se ne rende conto il capo del governo, la sua idea e cultura di economia glielo impedisce. Berlusconi pensa che ottimismo, pubblicità, astuzia e volontà…e il gioco è fatto. Di più non sa, non si rende conto. Vuole soldi pubblici da spendere per conquistare deputati e senatori alla maggioranza: qualche miliardo per il Sud se sono del Sud, o per altrove se sono di altrove. Vuole miliardi di soldi pubblici per farsi benedire dal Vaticano e votare dall’Udc di Casini, insomma il quoziente familiare per le tasse. Non sa, non si rende conto che nuova spesa pubblica a pubblico debito non si può più fare. Non perché lo impediscono i “comunisti” ma perché se l’Italia fa altro debito nessuno glielo compra più. Non si rendono conto i Gasparri, i La Russa, i Frattini, gli Alfano, i Letta che al massimo capiscono che Tremonti può essere un candidato premier. Sai che cambia rispetto alla crisi mondiale chi siede a Palazzo Chigi…Sono tutti più o meno contro Tremonti e questi sono affari del Pdl, ma sono contro, lontani dal “rendersi conto” e questi sono affari di tutti.

Non si rendono conto quelli del Terzo o Nazionale Polo che sia: Casini e Fini sono altro da Berlusconi e Tremonti, ma anche loro alla fine pensano che governare sia spendere, spendere perché nessuno si faccia male con la crisi. In fondo la stessa idea del Pd e di Vendola che a Tremonti rimproverano di non alleviare la crisi con nuova spesa. Dicono Bersani e Vendola: guardate i cassa integrati, i disoccupati, i giovani. Come si fa a lasciarli così? Già, come si fa? Si fa, li si lascia così anche battezzando la produttività come sorella gemella dello sfruttamento, difendendo l’improduttività della Pubblica Amministrazione. I dipendenti pubblici li diminuiscono il conservatore Cameron e il rivoluzionario Castro, in Italia la sinistra li aumenterebbe e la Sicilia di Lombardo li aumenta. Nessuno si rende conto.

E’ un mondo dove Tim Geithner, l’uomo di Obama all’economia, dice al Congresso che gli Usa rischiano il default, che l’America rischia a marzo di non poter pagare i suoi debiti. Ma in Italia è cosa che colpisce poco e fa riflettere meno. In Italia si aspetta la “cinque giorni di fuoco”. Undici gennaio: Corte Costituzionale sul legittimo impedimento, 13 gennaio vertice Pd, 13 e 14 gennaio referendum su Mirafiori. E quindi Berlusconi tranquillo o no, Bossi che si stufa o no, Bersani che attende risposta da Casini sull’ultimo appello ad allearsi mentre Vendola sancisce il no a Marchionne come pietra angolare, valore “indisponibile” per l’alleanza a sinistra. Non si rendono conto. E fanno di peggio: il “Giornale” rumina diffidenza e forse più verso Tremonti. Non si rendono conto al punto che è un giornale di destra ultras come Libero a rendersi conto e titola: “Non votare ci costa 16 miliardi”, il prezzo di comprarsi consenso in Parlamento e fuori.

Non si rendono conto i leghisti, Bossi, Maroni e Calderoli. O forse si rendono conto, eccome. Federalismo: tradotto nella lingua dell’elettore leghista vuol dire meno tasse subito. Bossi, Maroni e Calderoli sanno che non è così, non può essere e non sarà così. Chi glielo spiega all’elettore leghista che il federalismo quando arriva non è meno tasse, subito e a casa sua? Chi glielo spiega all’elettorato italiano che la variabile elezioni sì, elezioni no è indifferente ai fini e modalità della crisi, del cambio di connotati dell’economia e della società e che il solo mischiare le due cose è incesto, osceno e sterile incesto? Chi glielo spiega all’elettorato di sinistra che “l’anomalia Berlusconi”, quando anche fosse rimossa non apre la strada a una maggioranza di sinistra che in Italia non c’è e che comunque un governo di sinistra non potrebbe non tagliare il debito pubblico e pregare, intensamente pregare che aumenti la produttività italiana in fabbrica? Salvate il soldato Tremonti, non è il miglior soldato dell’esercito e non è un eroe. Proprio come il soldato Ryan del film, va salvato perché già troppi sono caduti e c’è rimasto, qui e oggi, solo lui. Almeno a “rendersi conto” e non a far semplicemente di conto.