In Svizzera parlamento e sindacati contro i frontalieri italiani: “Con loro crollano gli stipendi”

Pubblicato il 26 Giugno 2010 - 15:15 OLTRE 6 MESI FA

Lugano

C’è la crisi, il caso Pomigliano  insegna che l’industria cerca manodopera a basso prezzo, e per trovarla è disposta a varcare i confini nazionali. Quando poi sono gli stessi lavoratori sottopagati a spostarsi per raggiungere la fabbrica, di certo per il datore di lavoro è ancora meglio.

E’ quello che, come riporta il Corriere della Sera, accade in Svizzera. Stavolta i polacchi con gli stipendi bassi sono i 40mila lombardi che ogni giorno attraversano il confine per andare a lavorare nel Canton Ticino.

A lamentarsi sono così gli svizzeri, che vedono crollare l’ammontare dei loro stipendi: il sindacato Unia fa notare che mentre a Ginevra o a Neuchatel il salario di un operaio del settore è di 3.500-3.800 franchi al mese (circa 2.500 euro), a Lugano e dintorni la soglia scende a 2.500 franchi proprio per il dumping dei frontalieri.

Per questo motivo, la stessa Unia e i due parlamentari Raoul Ghisletta e Saverio Lurati hanno firmato un’interpellanza e un documento sindacale in cui sostengono che la crisi, che si è estesa anche in Svizzera, è rinfocolata dall’import di manodopera italiana, che ha effetti insostenibili di dumping salariale e precarizzazione dei contratti.

Quel che più stupisce e fa riflettere è che questa volta a lamentarsi dei lavoratori stranieri non è la solita Lega dei ticinesi, gemellata con quella di Umberto Bossi, bensì un sindacato, l’Unia, da sempre considerato di sinistra, e due parlamentari, Ghisletta e Lurati, che provengono dalle fila del partito socialista.

L’interrogazione è stata presentata al Gran consiglio (l’assemblea del Canton Ticino), e punta innanzitutto il dito contro il settore del commercio, uno di quelli in cui è più pesante la presenza di lavoratori italiani. I due deputati hanno notato una “esplosione dei permessi di breve durata, 6.325 nuove notifiche (trattasi di permessi fino a un massimo di 3 mesi). Notifiche che, nella maggior parte dei casi, sono state inoltrate da ditte con sede nel nostro cantone che preferiscono ricorrere a lavoratori precari attinti oltre confine piuttosto che assumere persone in loco. In molti casi ciò si è purtroppo verificato anche per la realizzazione di opere pubbliche”.

Di conseguenza Ghisletta e Lurati chiedono di conoscere “come si intende intervenire presso quelle ditte di commercio che non assumono residenti o offrono condizioni di lavoro inadeguate” e di “sospendere tutte le deroghe ad aperture di negozi se tali ditte rimarranno insensibili ai richiami politici”.

E’ una delle prime volta che un sindacato e un partito di sinistra rompono il fronte della solidarietà tra lavoratori, chiedendo esplicite misure di protezione a svantaggio dei frontalieri. E se ne stupisce anche il maggiore sindacato italiano: “Mi meravigliano queste prese di posizione – commenta Claudio Pozzetti, segretario dei frontalieri della Cgil di Como – anche perché con Unia abbiamo sempre condotto battaglie in comune. Se l’interrogazione ha come bersaglio le aziende perché giocano al ribasso con i lavoratori di qualunque nazionalità, è un conto. Ma se il bersaglio sono i frontalieri, allora non ci stiamo”.