Il grande romanzo americano, raccolta di saggi di Agostino Lombardo: da Melville a Hemingway da Steinbeck a James

“Il grande romanzo americano” è una raccolta di saggi scritti da Agostino Lombardo recentemente pubblicata da Minimum fax a cura di Sara Antonelli e Luca Briasco.

Una raccolta come questa vale oro. Intanto perché parla di letteratura americana, che, a prescindere dai gusti personali, ha partorito opere indimenticabili. E poi perché Agostino Lombardo è stato un grande americanista, tra i più apprezzati e considerati. 

“Ogni lezione”, scrivono i curatori in Prefazione, “era la performance di un testo su cui Lombardo aveva lavorato a lungo. Si apriva con una dichiarazione che in tono casuale e sommesso non aveva timore di spalancare subito il senso ultimo del testo. Si chiudeva solo quando era stato detto tutto il necessario. Era economica, priva di qualsivoglia istrionismo, sbavatura o digressione. Aveva il dono della misura, della sintesi, della limpidezza. Era la performance di un testo autografo che lentamente lasciava emergere la voce di un altro – dell’autore cui era dedicata”. 

Un saggio sul romanzo americano

E non c’è dubbio che il metodo di lavoro utilizzato da Lombardo sia ampiamente rappresentato in questo saggio. Le citazioni sono lo strumento, ago e filo per cucire i profili dei grandi scrittori partendo da un’idea ben precisa, il proprio canone americano: Nathaniel Hawthorne, Herman Melville, Henry James e William Faulkner.

Si potrebbe dire, senza commettere errore, che questo è un libro di «voci»; forse lo sono un po’ tutti, i libri, anche quelli modesti, ma nel “Il grande romanzo americano” di Lombardo, le voci sono una caratteristica che accoglie il lettore, lo tiene serrato nelle righe. 

Facciamo un esempio.

Nel terzo capitolo dedicato a Melville, nella parte dove Lombardo centra la riflessione su “Moby Dick”, s’incrociano le voci di alcuni indimenticabili personaggi del romanzo. A parlare per primo è Ismaele, con uno degli incipit più belli della letteratura americana.

“Chiamatemi Ismaele. Alcuni anni fa, non importa quanti esattamente, avendo pochi o punti denari e nulla di particolare che m’interessasse in terra, pensai di darmi alla navigazione e vedere la parte acquea del mondo. È un modo che ho io di cacciare la malinconia e di regolare la circolazione. Ogni volta che m’accorgo di atteggiare le labbra al torvo, ogni volta che nell’anima mi scende come un novembre umido e piovigginoso, ogni volta che m’accorgo di fermarmi involontariamente dinanzi alle agenzie di pompe funebri e di andar dietro a tutti i funerali che incontro, e specialmente ogni volta che il malumore si fa tanto forte in me che mi occorre un robusto principio morale per impedirmi di scendere risoluto in istrada e gettare metodicamente per terra il cappello alla gente, allora decido che è tempo di mettermi in mare al più presto” (pagina 117). 

Il Capitano Achab

Alcune pagine più avanti ed è il turno del Capitano Achab. 

“«Si, Starbuck, si, miei coraggiosi, quanti siete, è stato Moby Dick che mi ha disalberato, Moby Dick che mi ha ridotto a questo tronco su cui mi reggo ora. Si, si!», egli urlò con un terribile e altissimo singhiozzo da belva, simile a quello dell’alce colpita nel cuore. «Si, si! È stata quella maledetta balena bianca a rasarmi, a far di me per sempre un buono a nulla incavigliato!» Poi, agitando le braccia con smisurate imprecazioni, urlò a distesa: «Si, si! E le darò caccia oltre il Capo di Buona Speranza, al di là del Capo Horn, al di là del grande Maelstrom di Norvegia, oltre le fiamme della perdizione, prima di abbandonarla»”.

Un libro sul rimanzo americano diventa un’arca letteraria

È chiaro che da questo punto di vista il libro di Lombardo diventa un’arca letteraria. Dai quattro del suo canone Lombardo apre ad una squadra di miti: Edgar Allan Poe, Mark Twain, Ambrose Bierce, Stephen Crane, Edith Wharton, Ernest Hemingway, John Steinbeck, J.D. Salinger e Saul Bellow, per un totale di tredici capitoli.

Ma questo saggio non è solo inoltrarsi nelle «parole americane». Lombardo supera l’erudizione letteraria, tracima negli interstizi di una nazione complicata da raccontare. Ed allora la letteratura diventa mondo, si fa strada nei personaggi, nelle penne dalle quali sono usciti, nella storia turbolenta del paese.

Lombardo ne dà prova in più occasioni, come quando abbraccia uno dei più grandi, John Steinbeck

Scrive:

“Il fatto è anche che nello stesso Steinbeck di Pian della Tortilla è maturata una consapevolezza sociale che, del tutto assente nei primi romanzi, e pur limitata, ora come in seguito, da una vena di fatalismo di stampo naturalistico, si fa tanto più sensibile quanto più lo scrittore, abbandonando l’impari compito di affrontare gli «universali», e scavando nel «particolare» dell’umile e quotidiana realtà che lo circonda, sostituisce a un vago mondo di immaginazione la concreta America del suo tempo, l’America di Roosevelt e del New Deal protesa nello sforzo di superare la crisi economica ma, più ancora, in quello di individuare ed eliminare i focolai dell’ingiustizia e dell’ineguaglianza sociale” (pagina 359).

Quindi una raccolta di saggi sul grande romanzo americano che sta dentro e fuori le parole. Leggendo, si ha la sensazione di un corpo letterario unico, privo di confini, un tutt’uno che si offre senza dare punti di riferimento, perché, come gli stessi curatori evidenziano nella Prefazione, per Lombardo la letteratura “non può e non deve essere assoggettata a modelli interpretativi”. 

La ragione di Lombardo sul romanzo americano

A pensarci bene, Lombardo aveva ragione. Non ne siete convinti? Allora fate un gioco: provate a catalogare in qualsivoglia modello interpretativo “Per chi suona la campana” di Ernest Hemingway, “L’urlo ed il furore” di William Faulkner, “La valle dell’Eden” di John Steinbeck”; oppure tentate con “Herzog” di Saul Bellow, con i “Racconti del terrore” di Edgar Allan Poe, o con “Ritratto di signora” di Henry James… Vi sgusceranno come anguille tra le mani! 

Lombardo muore nel 2005. Questo libro è la possibilità di riscoprire il lavoro di un grande intellettuale del nostro Novecento. “Elevare con pazienza e freddo furore le sue mirabili costruzioni narrative” – scrive nelle pagine dedicate ad Edgar Allan Poe – “significava per Poe dare una forma all’informe, tentare di sciogliere il groviglio mostruoso, opporre la coerenza e l’ordine di una linea al magma caotico della realtà. Di qui l’alta e intensa qualità morale del suo mestiere d’artista; e di qui anche la bellezza, la impensabile armonia con cui si compone, nella sua opera narrativa, l’elemento tragico della condizione umana”. Un faro per questi tempi bui.

“Il grande romanzo americano”, di Agostino Lombardo, Minimum fax, pp. 445, €18,00 formato cartaceo, €9,99 formato digitale. 

 

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