Telese parla di Travaglio: “Vuole solo demolire. Con lui non parli, non ascolta”

Pubblicato il 7 Giugno 2012 - 10:21 OLTRE 6 MESI FA

Luca Telese (Lapresse)

ROMA – Luca Telese lascia il Fatto Quotidiano: la rottura è ufficiale e al Corriere della sera spiega che lo fa per Marco Travaglio, descrivendolo come uno che “vuole solo demolire”, con cui “non si può parlare perché non ti ascolta”.

Il giornalista racconta che a settembre fonderà un nuovo quotidiano che si chiamerà “Pubblico”. In un lungo sfogo al Corriere spiega: “Diciamo che al Fatto eravamo divisi tra Bosnia-Erzegovina e Croazia. E che politicamente, a un certo punto, hanno preso il potere i croati. Così dopo il primo turno delle amministrative Beppe Grillo è diventato Gesù. Casaleggio un guru. Ma il povero Tavolazzi non lo si poteva intervistare”.

Troppo per Telese che di ritorno dalla Francia, dalla festa per Hollande si è trovato in apertura un titolo che gli è sembrato “un rutto”. Il Fatto apriva con “Parmacotti”, lui: “L’ho letto e ho detto basta”.

Al Corriere Telese spiega le sue ragioni: “La mission di quel giornale si è esaurita. Non è passato dalla protesta alla proposta. Quando il governo Berlusconi è caduto, ci siamo chiesti: ora cosa dobbiamo cambiare? Travaglio ha detto: nulla. Io ho risposto: tutto. Ecco perché vado via. Perché non puoi continuare, a guerra finita, a mozzare le teste di cadaveri sul campo. Non puoi solo demolire. È il momento di costruire”.

Solita sindrome da spaesamento post-berlusconiano, insomma, ma con Travaglio il dissidio è stato talmente aspro che lo descrive così: “Giovane vecchio che vive nei miti della sua infanzia. Due culture diverse avrebbero potuto convivere. Ma con Marco non si parla. In una discussione ha due reazioni: se è arrabbiato gira il collo a 37 gradi da un lato, tace e gli si gonfia una vena. Se non è d’accordo sorride. Non è interessato al dibattito democratico”.

E poi elenca una lunga serie di bocconi amari: “La destituzione di Roberto Corradi, ideatore dell’inserto satirico Il Misfatto”. Così come l’uscita dell’ex ad del Fatto Giorgio Poidomani, “un galantuomo costretto a dimettersi e che non collaborerà, purtroppo, con noi”. In entrambi i casi “Marco ha applicato la tecnica del capo tribù. A Corradi ha preferito Disegni. Mentre nel nuovo cda ha messo suoi fiduciari. Come il produttore Carlo Degli Esposti. O la “musa” Cinzia Monteverdi. Ragazza simpatica, però da qui a farla diventare amministratore delegato… Diciamo che rientra tra i giovani cooptati”.

Il suo Pubblico, invece, sarà “costruito sul modello di un garage della Silicon Valley. Voce ai giovani contro la casta dei 60enni. Cambiare l’agenda di sinistra. E finalmente non sarò più vittima dell’ossessione di Travaglio, e di tutti i mafiologi, del “papello” di Spatuzza. D’altronde Marco ammetteva: il 75% di quello che scrivete non mi interessa. Per dire, la frase di Stracquadanio sul “metodo Boffo” nasce da un’intervista al nemico che piace a Padellaro ma al quale Travaglio era contrario perché “a quelli non bisogna dare manco una riga”. Ecco, nel nostro nuovo giornale si farà il contrario”.