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Piero Ottone è morto, grande direttore di giornale: le sue ceneri disperse in mare

Piero Ottone, è morto l'ex direttore del Corriere della Sera
Piero Ottone, è morto l’ex direttore del Corriere della Sera

ROMA – È morto a 92 anni il giornalista Piero Ottone. È stato direttore del Corriere della Sera ed editorialista di Repubblica, di cui per molti anni, prima della “guerra di Segrate”, è stato anche presidente

Piero Ottone era nato a Genova nel 1924. Iniziò la sua carriera alla Gazzetta del Popolo di Torino, all’epoca un grande giornale, diretto da Massimo Caputo. Entra al Corriere della Sera negli anni Cinquanta, come corrispondente da Mosca e inviato speciale, con Mario Missiroli direttore. Diventa direttore del Secolo XIX, nel 1968, poi del Corriere della Sera nel 1972. Fece scandalo ospitando Pasolini in prima pagina e affrontando, sempre in prima pagina, temi “plebei” come il costo della vita e l’inflazione in quegli anni galoppante. Ottone si scontra con Indro Montanelli, che lo accusa di aver virato a sinistra il giornale. Contrasto che si conclude con il licenziamento di Montanelli, che poi fonderà Il Giornale.

Uscito dal Corriere della Sera la cui proprietà era ormai nell’orbita della P2, Ottone passò in Mondadori, prima come direttore generale dei periodici, poi come responsabile delle relazioni esterne e consigliere di amministrazione di Repubblica in rappresentanza della stessa Mondadori, dalla fondazione fino al 1990 proprietaria di metà delle azioni di quello che diventò il primo quotidiano d’Italia.

Se ne è andato in silenzio come se fosse partito con la sua barca a vela dal porticciolo di Camoglie, che era proprio sotto la sua casa, a picco sul mare, davanti al Promontorio di Portofino. A 93 anni Piero Ottone ha concluso la sua lunga vita di giornalista e di “spettatore” dei fatti, come si è sempre descritto, definendo così anche la sua idea della professione. È stato uno dei giornalisti più importanti del Dopoguerra in Italia, anche se con la sua ironia molto inglese sosteneva che “dopo” sarebbe stato ricordato solo per avere messo in prima pagina su “Il Corriere della Sera”, da lui diretto, gli articoli di Pierpaolo Pasolini e per avere licenziato Indro Montanelli.

Piero Ottone in realtà si chiamava Pier Leone Mignanego, ma nessuno lo può ricordare per questo nome così genovese, che lui stesso all’inizio della professione aveva cambiato, quando da Genova, la sua patria in tutti i sensi, dello stile, dell’understatment, dell’aplomb, era approdato alla “Gazzetta del Popolo” di Torino.

Sarà ricordato non certo per quegli aneddoti da lui citati sulla direzione al “Corriere”, ma per avere cambiato lo stile dei giornali nelle sue uniche e prestigiose direzioni de “Il Secolo XIX” di Genova, dal 1968 al 1972 e, appunto, de “Il Corriere della Sera” dal 1972 al 1977, anno nel quale lasciò mentre nel grande quotidiano stava entrando la P2.

Nei due giornali che diresse, non accettando poi altri incarichi di vertice, come a sottolineare che più del giornale di Corso Solferino nel giornalismo non ci poteva essere altro, Ottone aveva impresso una svolta profonda. Aveva plasmato i giornali secondo la sua visione, che era quella di imporre un racconto distaccato e frontale dei fatti, senza compromessi.

Al “Secolo XIX” portò la diffusione del giornale, che aveva ereditato dalla direzione da un vecchio liberale, Umberto V.Cavassa, da 60 mila copie fino alle 120 mila dell’inizio anni Settanta, aprendo redazioni in tutta la Liguria e portando avanti un gruppo di giovani che plasmava con le sue regole di “attacco alle notizie”.

Quando Giulia Maria Crespi decise di dare una svolta al “Corriere” paludato, diretto da Giovanni Spadolini, chiamò lui che introdusse la stessa rivoluzione, ma su uno scenario molto più ampio, quale era “Il Corrierone” allora.

Montanelli per descrivere il suo stile di direttore disse qualche anno dopo che Ottone aveva scoperto che “i comunisti non avevano la coda”. Era il modo anche polemico di spiegare le aperture del nuovo direttore a un mondo della sinistra, sdoganato dal giornale della grande borghesia lombarda di allora.

Piero non era solo questo. Era un vero maestro di giornalismo, magari un po’ gelido e severo nello stile, ma fortemente innovativo. Già lo era stato da inviato speciale e corrispondente, prima a Londra per la “Gazzetta”, poi per il “Corriere della Sera” a Mosca, fra i primi occidentali a lavorare nell’Urss della più dura guerra fredda.

Alcuni suoi reportage in quella Russia chiusa e blindata sono veramente memorabili per la secchezza e il segno che ci hanno lasciato.

Dopo il “Corriere”, Ottone cambiò mestiere, non accettando di dirigere altro, ma restando nel mondo dei giornali nella Mondadori e poi accanto a Carlo Caracciolo nel gruppo Espresso-Repubblica. Ma ha continuato a scrivere molti articoli a tenere rubriche importanti. L’ultima “Vizi e Virtù” sull’ ”Espresso” si è interrotta pochi mesi fa per sua volontà. Con lo stile consueto aveva annunciato lui stesso che a 93 anni era venuto il momento di smettere.

Ha scritto anche tanti libri, molti raccontando dell’altra sua grande passione la barca a vela, la sua unica fuga dal giornalismo, molti sui grandi personaggi incontrati. Uno degli ultimi, “Memorie di un vecchio felice” è un elogio della tarda età, che aveva raggiunto così serenamente. “La vecchiaia è il compimento del nostro lungo viaggio, è la fine della corsa – aveva scritto – ma questo non significa rinuncia, non equivale a un afflosciarsi dello spirito. È piuttosto una conquista, la conquista finale e definitiva, quel raggiungimento di uno stato d’animo al quale, chi sa, forse tutti aspiriamo…..”

Piero Ottone lascia la moglie Annie e due figli Stefano direttore generale per le relazioni esterne del Gruppo Espresso-Repubblica e Bettina. Non ci saranno funerali. Sarà cremato e le ceneri saranno disperse nel suo mare, della sua Genova e della sua Camogli.

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