Anche la Capitaneria era cieca: non funziona super radar da 320 milioni

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 20 Gennaio 2012 - 14:37 OLTRE 6 MESI FA

Lapresse

LIVORNO – “Com’è possibile che una nave di 110mila tonnellate come la Costa Concordia finisca contro un’isola e nessuno se ne accorga, se non grazie alla telefonata di una passeggera che ha avvisato i parenti a casa?”. La domanda, in questa o in forme leggermente diverse, se la sono posta più o meno tutti. Possibile che con un comunissimo TomTom si possa vedere la posizione della propria automobile, con l’approssimazione di qualche metro, e non ci sia invece uno strumento in grado di “vedere” una nave di 300 metri, lunga cioè come 3 campi di calcio? Impossibile, infatti lo strumento esiste eccome, si chiama Vts, Vessel Traffic Services, ed è costato ben 320 milioni di euro agli italiani. Peccato che non funzioni. Ma oltre a questo gioiello della tecnologia esiste persino un secondo sistema in grado di vedere in tempo reale la posizione delle navi nel mar Tirreno, l’AIS. Questo, più economico, costato appena 2 milioni di euro, funziona. Peccato che quella notte fosse spento.

Nelle capitanerie italiane dal 2009 è stato installato un fantasmagorico sistema di sicurezza e monitoraggio, il VTS appunto. Un sistema integrato con una rete di radar e satelliti in grado di tracciare delle autostrade marine nelle quali dovrebbero muoversi con sicurezza le navi di grande tonnellaggio, e prevede un sofisticato sistema di allarmi che allerti le capitanerie in caso di cambi di rotta o avvicinamenti pericolosi alle coste, tipo quello della Concordia per l’inchino di rito. Il progetto, firmato da Finmeccanica-Selex, è costato ai contribuenti 320 milioni di euro e gli impianti sono stati installati in tutte le capitanerie, compresa quella di Livorno. Ma, tranne che a Messina, zona particolarmente delicata per la gestione del traffico nello Stretto, non funziona praticamente da nessuna parte. In alcuni casi non è nemmeno cominciato il collaudo. Motivo? Imperscrutabile. Tipica vicenda all’italiana: soldi già spesi ma servizio inattivo. Certo, se fosse stato in funzione, il doppio allarme avrebbe impedito con certezza matematica il naufragio della Concordia e tutte le sue conseguenze. Ma non lo era.

Come detto però il VTS, sofisticatissimo sistema spento, non è l’unico strumento per monitorare il traffico marittimo. E non parliamo di piccole imbarcazioni da diporto, ma della grandi navi che solcano il nostro mare. Esiste anche il sistema satellitare AIS. Un sistema gestito dalla società Elman srl di Pomezia, installato in tutte le capitanerie dal 2005, che dovrebbe permettere ai militari di seguire il traffico navale nel Tirreno in presa diretta. Il sistema fornisce le rotte di tutte le navi, segnalando in VHS ogni 10 secondi gli avanzamenti, la velocità e le correzioni di rotta, compresi gli eventuali inchini. È un appalto costato allo Stato due milioni di euro che dovrebbe garantire una certa tranquillità in caso di problemi. “Posso dire – spiega Manuela Rondoni, direttore commerciale della Elman – che se l’AIS fosse stato utilizzato come doveva, visto che poteva far scattare un allarme per l’eccessivo avvicinamento della nave all’isola, forse l’incidente della Concordia non sarebbe accaduto”. Ma non è stato utilizzato nel modo giusto. Anzi forse non è stato proprio utilizzato, e in questo caso “l’inghippo” è più sottile.

Infatti, sebbene sia fatto obbligo alle navi per il trasporto passeggeri e di merci pericolose di avere a bordo, nella scatola nera, l’AIS, non è obbligatorio per la Guardia Costiera tenere sotto controllo attraverso il sistema satellitare tutte le rotte delle navi se non nei punti considerati a rischio, come ad esempio vicino a basi militari o nel trafficatissimo stretto di Messina. E il tratto di mare tra il Giglio e l’Argentario non rientra tra questi punti. Quindi, l’AIS, era verosimilmente spento, o comunque non monitorato. Si desume infatti dal brogliaccio che il percorso della Costa nel momento dell’impatto e nei minuti successivi era sconosciuto alla Capitaneria. Tanto che, alle 22.10, dopo la telefonata del carabiniere di Prato, da Livorno contattano la “Capitaneria di Savona, la quale comunica che nella giornata odierna non sono partite navi della Costa crociere”. Da Savona no, ma da Civitavecchia sì. Da lì era infatti partita quella sera, alle 19, la Concordia. Alla Capitaneria però non ne sapevano nulla. Solo alle 22.12 infatti, cioè quasi mezz’ora dopo l’urto con gli scogli, il sottocapo Tosi consulterà l’AIS e scriverà nel brogliaccio: “Da verifica AIS individuiamo la M/N Costa Concordia in prossimità dell’isola del Giglio in località punta Lazzeretto”. Ovvero nel punto in cui la nave si è andata ad arenare davanti agli scogli del Giglio. Troppo tardi.